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“E per la gente che…”, storia di un amore nerazzurro

Un bambino esulta mentre siede sulle spalle del papà. Due amici si abbracciano. Sul volto di un anziano scendono delle lacrime. Un popolo intero unito da un sentimento, ancora prima che da una vittoria. Ed è anche in quel sentimento che nasce e vive lo scudetto dell’Inter. Nel legame e nell’unione che si è creato nel corso di questi anni tra la squadra e i tifosi nerazzurri. Un rapporto a tratti intimo che quest’anno ha trovato la sua apoteosi, ma che affonda le sue radici nelle stagioni precedenti. La gioia del successo con Conte e l’addio, l’arrivo di Inzaghi e una squadra che ha dovuto ricostruirsi nel gioco e nella mentalità. Un gruppo che è cambiato in maturità e consapevolezza, anche grazie ai periodi di maggior difficoltà. Momenti in cui quel legame tra gruppo e tifosi è diventato simbiotico, fondato su amore ed entusiasmo. “E per la gente che…”

 

“Ama soltanto te…”

Ama soltanto te, per tutti quei kilometri che ho fatto per te”. Amore incondizionato, nonostante tutto. Perché in queste ultime stagioni, quello che ha circondato la squadra di Simone Inzaghi non è stato un “semplice” tifo. Un qualcosa d’altro. Un qualcosa in più. Un vero e proprio rapporto in cui club, gruppo e tifosi sono cresciuti e si sono conosciuti nel tempo. Affetto diventato amore, un entusiasmo diventato passione. Anche grazie a quei momenti di maggior difficoltà e a quelle delusioni più profonde. Come il primo anno con la sconfitta nel derby e lo scudetto vinto dal Milan. Come la scorsa stagione con i tanti passi falsi in campionato e la finale di Champions persa contro il Manchester City. 
Quella finale in cui i tifosi erano uniti a kilometri di distanza tra la Turchia e davanti al maxischermo di San Siro. Al fischio finale, un lungo e sentito applauso, immagine del sentimento che univa quel popolo. Un sentimento di orgoglio. 
È stato un processo. Un processo di maturazione in cui il mondo nerazzurro ha costruito una propria e solida consapevolezza. Delle proprie qualità, della propria forza, del proprio valore. E la Serie A vinta è solo l’ultimo risultato di un percorso lungo tre anni. 

 

 

Ho sempre pensato che vincere equivalesse alla gloria, invece perdere ad un fallimento. Ma in questi anni mi avete insegnato che c’è di più. C’è l’orgoglio e soprattutto l’amore che ci avete dimostrato. C’è lo spogliatoio fatto di Uomini che hanno lavorato al massimo per riportare l’Inter dove merita”, le parole di Barella dopo la finale di Istanbul. Missione compiuta. 

 

 

“Sognando di nuovo il tricolore”

I biglietti finiti in pochi giorni, o a volte ore e i continui sold out. L’abbraccio ad Appiano Gentile nella domenica prima del derby. Gruppi di amici, famiglie, coppie. Anziani e bambini. Da Piazza Duomo al Meazza, aumenta il battito di Milano. Lo si percepisce nell’aria. È diversa. Chi compra una sciarpa. Chi aspetta qualcuno e chi si unisce in cori, bandiere e fumogeni. I nomi dei giocatori che si leggono sulle maglie, simbolo di una passione che va oltre i limiti del tempo. Anni di attesa, il giorno è arrivato. Un successo collettivo costruito nel tempo. Una storia d’amore. Una storia che dell’amore ha conosciuto senso e significato. Romantico e un po’ pazzo

Un rapporto quasi personale con ogni giocatore. Da Lautaro, capitano e simbolo, a Dimarco, Barella e Bastoni, immagini e volti nerazzurri, passando per Calhanoglu e i diversi volti nuovi che per impatto e modo di integrarsi sembrano far parte del gruppo da sempre. Per ognuno di loro c’è un coro diverso. San Siro si colora di nerazzurro. È sufficiente entrarci per percepire quel legame per certi versi mistico. Difficile da spiegare, è questione di sensazioni. E nel cielo sopra il Meazza un canto si diffonde. “Sognando di nuovo il tricolore, perché è l’Inter è il nostro vero amore”. Ogni tifoso ha una sua storia. Ognuno ha qualcuno o qualcosa a cui dedicare quello scudetto. Vite diverse coinvolte in un solo unico sentimento. Il sentimento nerazzurro.

Pietro Inferrera

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