Storia di rivalsa, come nei migliori film. Il protagonista si chiama Alessandro Silvestro: 19 anni, professione calciatore, di ruolo terzino destro. Ultima impresa? La vittoria del campionato Primavera con l’Inter U19 di Chivu. Un trionfo da pazza Inter, rimontando sia in semifinale che in finale. È un protagonista silenzioso. Solare ma all’apparenza un po’ timido. In campo sempre convinto. E ha alle spalle una storia inusuale, per un giocatore che vince nelle giovanili: fatta eccezione per quattro anni, da bambino, nei pulcini della Lazio, non ha mai giocato in una squadra professionistica prima dell’Inter. Tra biancocelesti e nerazzurri passano sei anni e tre squadre diverse. Tutte dilettantistiche. Ma soprattutto il pensiero di abbandonare il sogno calcio e pensare a un’altra strada.
La Lazio lo scarta. “Non sei pronto”, gli dicono. “Abbiamo deciso di non confermarti, trova un’altra squadra”. Ad Alessandro crolla una certezza, perché dopo quattro anni quella maglia la sentiva sua. Riparte da un buon centro giovanile, la Tor Tre Teste. Un solo anno, l’allenatore lo vede poco. Non è titolare e non trova spazi per esprimere corsa e talento. E nella sua testa si fa largo l’idea di smettere con il calcio ad alti livelli. Ma alla fine, la voglia di riprovarci ancora vince su tutto.
Il nuovo stimolo si chiama Romulea. Anni vincenti, da titolare. La mentalità cambia. Diventare calciatore non è più un sogno, ma una realtà da raggiungere. Vince il Trofeo Beppe Viola, il campionato Juniores Élite e lo Scudetto di categoria, da sotto-età. In più Silvestro mette in bacheca anche il Torneo delle Regioni con la rappresentativa del Lazio. È qui che, sul più bello, arriva l’idillio: la chiamata dell’Inter. Una chiamata attesa, voluta, bramata. Alessandro festeggia con la sua famiglia ma tiene ben a mente un ammonimento dei dirigenti nerazzurri: “In te vediamo prospettiva, ma al momento non sei da Inter. E magari la maglia dell’Inter non la vestirai mai nella tua vita”. Quella frase non gli esce più dalla testa. “Devo lottare per farcela”, si ripete.
Il club milanese gli propone un prestito in Serie D, a 18 anni appena compiuti. “Vai a farti le ossa a Montespaccato”, gli consigliano. Lui accetta. Impara che i grandi non si fanno problemi ad entrare duri, convinti. L’intensità prevale sulla tecnica. E quell’anno va benissimo: 28 presenze, 1 gol e 3 assist. La Serie C si muove per lui, a testimonianza del fatto che la gavetta fa bene. Silvestro è rinato dopo anni complicati, e ha in testa un chiodo fisso: “Magari non vestirai questa maglia”. Come un’eco che risuona. Allora sceglie Milano, per tornare a respirare aria di professionismo, e si unisce alla Primavera dell’Inter.
A inizio stagione gioca poco, poi trova continuità. Diventa titolare sulla fascia destra e alla fine vince lo Scudetto, da protagonista (specialmente nelle fasi finali). Un trionfo da “pazza Inter”: in semifinale, contro il Cagliari, a fine primo tempo i nerazzurri sono sotto 3-0. Chivu entra in spogliatoio. Discorso sferzante. E chiude con una provocazione: “Chi non ci crede alzi la mano ora”. Alessandro ci pensa anche, per un secondo. Ma si ricorda che, anni prima, non mollare l’ha portato lì. Alla fine, con un gol a dieci minuti dal novantesimo e altre due reti nel recupero, l’Inter fa 3-3 e passa (per il miglior posizionamento in classifica). La finale, poi, è la chiusura perfetta di un cerchio: la Roma va in vantaggio, i nerazzurri ancora una volta rimontano. Magia. Ai tre fischi, Alessandro rivede in testa il film della sua vita sui campi non professionistici di Roma. “Oggi sì, sono da Inter”.
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