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Inter, Ferri: “Certi valori devono averli i giocatori, le motivazioni sono decisive”

“Certi valori devono averli i giocatori. La squadra deve essere in grado di reagire da sola. E’ un’alchimia che va costruita giorno dopo giorno all’interno”. Parola di Riccardo Ferri, ex giocatore dell’Inter oggi commentatore televisivo. La maglia nerazzurra Ferri l’ha vestita per tanti anni, dal 1981 al 1994, e proprio la sua stagione da debuttante è stata l’ultima in cui l’Inter non ha vinto otto partite di fila, prima di quella di questa stagione. Oggi Ferri, ai microfoni di Tuttosport parla delle analogie e differenze tra la sua Inter e questa: “Non c’era un problema preciso. Stava finendo un ciclo che infatti è stato completato dall’addio di Bersellini. Con lui in panchina l’Inter aveva vinto lo scudetto due anni prima. Non si può dire che l’allenatore fosse delegittimato perché stiamo parlando di una persona carismatica tutta di un pezzo, un uomo che faceva la differenza. Ma si percepiva che eravamo arrivati al momento dei saluti”. Curioso il modo in cui Bersellini ha salutato i suoi giocatori: “Se ne andò in un modo che ricordo ancora: scese dal pullman tre semafori dopo lo stadio di Torino al termine della finale di ritorno di Coppa Italia. Ci disse le ultime parole e tornò a Milano in auto”.

Quell’Inter però riuscì a vincere la Coppa Italia nonostante le pessime prestazioni in campionato: “Conferma che le motivazioni sono decisive. In campionato subentrò un certo rilassamento nel momento in cui lo spogliatoio capì che non avremmo potuto vincere lo scudetto. In Coppa Italia invece le cose cambiavano perché eravamo ancora in corsa per un trofeo. Questo dimostra che le motivazioni sono fondamentali quando si arriva nella parte finale della stagione”. Ed è proprio questa, secondo Ferri, l’analogia con l’Inter di oggi: “Questa squadra ha spento il motore quando si è resa conto che non avrebbe potuto centrare la qualificazione alla Champions League. Ma non cadiamo nell’errore di dire che questa squadra non ha valori tecnici. Non è così. All’Inter manca senso di appartenenza e coesione. Prendiamo il gruppo di 35 anni fa. Era a fine ciclo, ma in precedenza aveva vinto lo scudetto del 1980 e conquistato la semifinale di Coppa Campioni nel 1981. C’era gente di esperienza e personalità come Bini, Altobelli, Oriali e Beccalossi. E’ questo che non vedo adesso. E stiamo attenti a pensare che basti un allenatore a risolvere tutto. La sinergia deve coinvolgere tutti: società, staff tecnico e squadra. La storia dell’Inter insegna che non sempre paga scommettere solo sull’allenatore. Zhang Jindong potrebbe fare qualcosa di simile a quello che fece Moratti quando affidò la presidenza a Giacinto Facchetti”.

Redazione

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