Testone, sincero e generoso. Se durante i casting per la panchina dell’Inter avessero chiesto a Stefano Pioli di descriversi in tre parole, avrebbe scelto queste. E la moglie Barbara, al suo fianco dai tempi della scuola, avrebbe annuito senza esitare. In fondo se l’ha conquistata (molto prima di conquistare Suning), è anche perché non ha mai mollato e ci ha creduto fino alla fine. Ambizioso pure, ma nel senso di “cercare di crescere sempre”, dice lui. Riti scaramantici non ne aveva e non ne ha, segreti (del mestiere – e forse del corteggiamento) tanti. In panchina si sente come a casa, allenatore nel calcio e in famiglia. “Autorevole e oculato” si definisce, lui che in realtà al mondo appare equilibrato e mai scontroso. A chiunque lo abbia mai incontrato, non ha mai negato un sorriso. Occhi sinceri, raramente si fa esasperare dal contesto. E poi si rilassa con poco: un sigaro, una partita a briscola o a tressette o un film, magari al cinema. L’hobby vero oltre al calcio, quello che nella “serata ideale” arriva dopo una pizza e per il quale magari Barbara può tirare un sospiro di sollievo in una famiglia che vive di pallone. Papà Pasquino ancora gira per i campi a seguire i figli ed i nipoti, Leonardo e Danilo (fratelli di Stefano) allenano come lui, ma tra i dilettanti (Piccardo e Savorè il primo, San Polo – praticamente casa – il secondo). Il primo lavoro del papà e dei due fratelli però sono le buste e i pacchi. Non acquisti sbagliati, ma vere e proprie spedizioni: una dinastia di postini, a cui sarebbe potuto aggiungersi anche Stefano se il calcio non fosse diventata la sua vita. E rimasta la passione di tutta la famiglia, condivisa pure con mamma Luisa, una che di partite ne avrà viste a migliaia e continua a non perdersene una. In tv o dal vivo.
Ancora il casting, prossima domanda? Il cinema, dicevamo. Film preferito su tutti? “Le ali della libertà”. Più che indicazioni tattiche per la nuova Inter (ed evidentemente un bel segnale a Candreva a Perisic), sembra una questione di filosofie e di ideali. Tra i DVD che a casa Pioli non possono mancare, c’è pure “L’ultimo dei Mohicani”, dice che lo rivedrebbe ogni giorno. Nella libreria, chissà, sarà appena sopra “Il Codice Da Vinci”. Rigorosamente il libro, il suo preferito (tra i tanti, tantissimi letti). Il suo Sacro Graal lo ha già trovato, ed è la sua famiglia. Non è un caso che se a Stefano Pioli durante i casting avessero chiesto i giorni più belli della sua vita, ne avrebbe indicati tre: il suo matrimonio con Barbara e la nascita di Carlotta e Gianmarco, 28 e 24 anni fa. Magari pure la firma con l’Inter entrerà nell’album di famiglia. Pioli jr fa il calciatore nei dilettanti (Juventus Club Parma, si chiama proprio così) e il tifo per Stefano. Contro il padre ha pure giocato un paio di volte. A Bologna, accanto al campo dove Pioli fu scartato ai provini da ragazzo, e a Formello, con il cugino Francesco al fianco, altro calciatore in famiglia. Dicono che Gianmarco sia un po’ testardo come papà, Stefano che quando Pasquino accompagnò insieme al fratello (fu quasi preso, poi di mezzo si mise un menisco) al provino col Bologna e venne scartato (“dicono che se smetti di giocare, non se ne accorge nessuno Stefano”) rispose “beh, ditegli che farò il calciatore”. E l’ha fatto, vincendo tanto. Evidentemente ai casting ci era abituato, e non ha mollato mai in questi giorni. Fuori dai riflettori, un unico incontro e poi via a Parma ad aspettare una risposta. Lui, candidato forte della parte sportiva della società (Gardini, Ausilio, Zanetti) e caldeggiato poi anche dall’agente Kia. Sogna di vincere anche in panchina, visto che da giocatore nella Juventus di metà anni ’80 ha vinto praticamente tutto: Coppa UEFA, Champions ed Intercontinentale. E pure uno Scudetto, nonostante a 19 anni – quando arrivò dal Parma per un miliardo di lire su input di Boniperti e Trapattoni – dicono che addirittura si addormentasse in auto mentre lo portavano all’allenamento. Sarà perché le macchine gli sono sempre piaciute, “ma non ci ho mai capito molto”. Eppure ama viaggiare, dall’America alla Cina. E ha “rischiato” di lavorare in Francia, Russia e Belgio. L’estero lo affascina, non male per chi dovrà avere a che fare con una proprietà cinese ed un presidente indonesiano. Il mondo della finanza intorno a lui, ragioniere del pallone che ama l’arte. Il cinema e la letteratura sì, ma anche la musica. Playlist sempre aggiornate sullo smartphone e voce che si scalda in auto, rigorosamente “da solo, perché sono stonato”. Ama i fumetti di Thor e gli animali, cani soprattutto.
Dalla politica si aspetta le riforme, quelle che adesso all’Inter si aspettano da lui. Riforme, non rivoluzioni. Perché Pioli non è mai stato uno drastico. Testardo sì, ma intelligente. Sa quando inseguire le proprie idee e quando plasmare il materiale a disposizione. A giugno 2018 si vede ancora sulla panchina nerazzurra, a 60 anni invece si immagina calvo, nonno e ancora in campo. In fondo quando ne aveva 20 gli amici lo chiamavano “un giovane vecchio”, normale per uno che il suo primo allenatore (a 10 anni) definiva già allora “un allenatore in campo”. A scuola così così, alle magistrali ai libri (da studiare) preferiva Barbara ed un pallone. Quasi odiava il latino, a matematica però andava bene. Coi numeri ci sapeva fare, a Milano sperano gli serva per risolvere l’equazione dell’Inter. Per ora ha messo d’accordo tutti, ora i giocatori devono convincere lui. Gli ingredienti per conquistarlo sono semplici: odia chi non si applica al 100%, chi non sfrutta le proprie capacità. (Dice) sia l’unica cosa che lo manda davvero in bestia. In casa “pantofolaio”, in campo un “sergente buono”. Sempre sull’attenti, perché la mancanza di impegno lo fa infuriare, e sui pedali, perché la bicicletta è l’altra grande passione insieme alla pesca. “Non lasciare nulla al caso” è il motto della sua vita, azzeccato per uno che come detto fu scartato dal Bologna perché “troppo lento” e che poi il Bologna lo ha pure allenato. Neppure questa volta ha lasciato niente al caso. Ovunque è andato si è fatto amare, dopo i suoi esoneri difficilmente i tifosi hanno esultato. A scuola raccontano che spesso venisse beccato in classe a disegnare la formazione della sua squadra (la Coop Nord Emilia, quella con cui sfidò e annullò in amichevole il Bologna di un giovane Mancini), ad Appiano Stefano Pioli potrà disegnare tutte le Inter che vorrà. Partito dal basso, in una famiglia di portalettere e calciofili. E arrivato in nerazzurro. Con i suoi pregi, i suoi difetti. I suoi numeri, i suoi sigari, le sue passioni. I suoi affetti ed i suoi libri. Il Codice Pioli: il casting è finito, ciak si gira.
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