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Inter, la storia d’amore della signora Giancarla: “Abbonata dal ’62”

La signora Giancarla fuori da San Siro

Dal 1962 a oggi, tutti gli anni. L’autobus della linea 40 che passa vicino casa, a Quarto Oggiaro il cambio per prendere la 64 e via fino a San Siro. Chilometri e chilometri. Tutti per un solo motivo: l’Inter.

È la storia della signora Giancarla Gariati. Una storia in cui la fede si unisce e lega all’amore e alla fedeltà per i colori nerazzurri. 88 anni. Interista da sempre, abbonata dal ‘62: “Il primo abbonamento l’ho fatto con il mio Ercole. Lui è morto nel 1993 per la Sla, non volevo più tornare allo stadio. Ma lui me lo diceva con gli occhi: ‘Devi andarci anche da sola’. L’ho ascoltato”.

Gli autisti dei tram milanesi la conoscono tutti. Ed è facile imbattersi in lei fuori dal Meazza. Come riconoscerle? Semplice. Sempre sorridente, le unghie in cui lo smalto nero si alterna a quello blu, vestiti unicamente dell’Inter e la tessera del tifoso in mano pronta per essere utilizzata. Per conoscere la sua storia o la incontri fuori dal Meazza o la chiami, niente whatsapp perché “con i messaggi non sono mica capace”.

Decenni e decenni qui. Anche se ora a questa età devo un po’ controllarmi, non posso venire sempre”. Quella di Monaco di Baviera sarà la settima finale di Champions della signora Giancarla. La guarderà da casa, come fatto per Inter-Barcellona: “Ho rischiato di buttare per terra il televisore dalla gioia”.

La finale di Monaco la seguirà da casa. No, non alla tv, ma con la sua radiolina: “Non so stare senza. Girerò per le stanze con quella all’orecchio”. Non sarà sola: “Sarebbe bello che anche il mio Ercolino fosse qui con me. Ma nel profondo del mio cuore lo so, lui c’è. Qui con me a tifare l’Inter”. Una storia d’amore.

La sciarpa della nonna

42 i chilometri che separano San Siro da Vigonzone, frazione di Torrevecchia Pia. Per raccontare questa storia bisogna partire da lì, nella provincia pavese. Bisogna tornare al 1937, quando nasce Giancarla. È la quinta di undici figli. Piccolo dettaglio, è l’unica interista: “Gli altri tutti juventini o milanisti. A me piacevano il nero e l’azzurro, solo dopo ho capito che rappresentavano una squadra. Ero sempre in giro con quei colori”.

La famiglia è povera, Giancarla a soli 14 anni va a Milano in cerca di lavoro. Diventa la domestica di un conte. Ed è lì che incontra il suo futuro marito: “Un giorno è arrivato con il suo principale. Faceva il tappezziere. Mi piaceva, ma non sapevo se fosse interista o milanista”. Era nerazzurro, dubbio risolto. Pochi anni dopo il matrimonio e quella sciarpa dell’Inter fatta dalla nonna del ragazzo data in dote a Giancarla: “Ce l’ho ancora, anche se è tutta bucherellata. È in qualche cassetto, dovrò cercarla per la finale”. Si sposano nel 1962, anno del primo abbonamento. Insieme.

I tifosi dell’Inter a San Siro – IMAGO

La malattia del marito

15 anni consecutivi insieme, fino alla morte a causa della Sla dell’uomo nel 1993. Una malattia invalidante che rende impossibile il dialogo. Una passione, quella per l’Inter, che durante la malattia rappresenta l’unica possibile forma di comunicazione. “Me lo faceva capire con gli occhi: mi diceva, ‘Giancarla, vai allo stadio anche da sola’. E io provavo a rassicurarlo: ‘Ercole, tu guarisci, che poi ci andiamo insieme. Da sola mi perdo“, ricorda commossa Giancarla.

Il signor Ercole è ricoverato presso l’ospedale San Carlo. Dalla finestra della stanza si vede il Meazza. E Giancarla manterrà la promessa di riportarlo a San Siro. La manterrà con una piccola bugia: “Riesco a ottenere un permesso dall’ospedale per farlo uscire. Dico che è per un battesimo, invece è per vedere l’Inter a San Siro per l’ultima volta insieme. Mamma mia quanto era contento, che luce nei suoi occhi”. Ercole muore, Giancarla decide di continuare ad andare allo stadio. “Me l’aveva detto lui. Da quel momento ogni volta portavo con me una sua foto. Era come averlo lì con me. Non mi ha mai lasciata”.

La radiolina e la finale

La signora Giancarla continua quella tradizione iniziata con il marito. Rinnova l’abbonamento, ogni anno. Tanti gli idoli visti: da Facchetti a Mazzola, passando per Mario Corso, la cui tomba va a ancora a visitare al cimitero, fino a quelli del Triplete. La mattina successiva alla vittoria di Madrid incontra dei giovani tifosi ancora in giro per Milano dalla notte precedente: “Festeggiai insieme a loro”.

Un sostegno andato avanti anche durante la chiusura degli stadi per il Covid. “Si poteva uscire di casa, partivo da casa, prendevo il tram, andavo nel piazzale di San Siro e con la radiolina all’orecchio mi gustavo la partita in diretta”. L’esultanza più grande per il gol di Darmian contro il Verona. Una storia d’amore pronta al suo nuovo capitolo: le coordinate segnano Monaco di Baviera. Un radiolina all’orecchio e il suo Ercole nel cuore.