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Inghilterra, ci siamo. Viaggio tra i Magpies: Newcastle, il St. James’ Park e The Quayside: foto e racconto

Just landed, appena atterrato. Eccoci a tu per tu, finalmente, Newcastle. Qualche ora di sonno arretrata non è bastata a scoraggiare l’entusiasmo del momento: ora che si è qua, bisogna pedalare! E noi malati di calcio, appena sbarcati in una città nuova, cosa vogliamo visitare prima di ogni altra cosa? Lo stadio ovviamente. Anzi, sure, per restare in tema. Di uffici del turismo nemmeno l’ombra: meglio arrangiarsi. Su consiglio dei poliziotti del luogo, via in metro: green line, direzione Monument, per poi cambiare linea per St. James.

All’uscita della metro colpisce l’aria che si respira: si percepisce un ritmo frenetico, tipico delle città universitarie, ma contraddistinto da una strana quiete, così simile ma allo stesso tempo così differente dalle nostre abitudini. Il garrito dei gabbiani provenienti dal fiume Tyne poi, riecheggia come una specie di colonna sonora. Senza esagerare, almeno una persona su cinque veste una tuta o una maglia dei ‘Magpies’, come per manifestare la propria fede, anche in una stagione così disastrosa. Dicono che qui sia la normalità. Ecco l’indicazione ‘football stadium’: ci siamo. Breve tour nell’ Official Store, foto di rito alla statua di Bobby Robson, abbraccio veloce a Sam per sancire un inaspettato incontro e si parte: le quindici Sterline spese per il ticket d’ingresso non possono essere paragonate alla curiosità verso un calcio nuovo, ma solo in parte: seguito da così lontano, ma mai assaporato da così vicino.

Il manto erboso, le tribune, i box, il tunnel che porta al campo. Senza dimenticare gli spogliatoi: quelli di casa, provvisti di ogni tipo di comodità; e quelli ospiti, resi volontariamente angusti per intimorire chi affronta il Newcastle. Qualche aneddoto su Alan Shearer e sulle panchine avversarie, non riscaldate perché ‘un cavo elettrico costa troppo’ – tra le risate generali – e via, fino in campo. Tempo di qualche foto, ultime domande e siamo già giunti alla fine del tour: un’ora abbondante, come capita spesso in queste occasioni, è letteralmente volata. Addio a Newcastle? Non scherziamo. Tappa al ‘The Quayside’, per ammirare i ponti sul Tyne, magari bevendo una birra al famoso pub ‘Pitcher & Piano’, così da poter ammirare il fiume Tyne. 

Nelle vetrine dei negozi abbondano le sciarpe col nome di Rafa Benitez. ‘How to go to Quayside?’, l’accento italiano si riconosce, eccome. Ma le probabili figuracce per un accento non proprio perfetto, valgono eccome lo sforzo per arrivare ad ammirare uno spettacolo mozzafiato, che riflette in pieno la serenità trasmessa dalla città e dalla sua gente. Il tempo è scaduto, bisogna dirigersi in hotel: a costa di risultare incoerente, domani va in scena Sunderland – Leicester, ma non prima di aver effettuato un ultimo giro di perlustrazione anche in quella Sunderland, così odiata dai ‘Geordies’. Direzione? St. Peter per la precisione, quartier generale dello Stadium of Light. Il gruppo di tifosi lì presente mi chiede gentilmente di fotografarli di fronte allo stemma del Sunderland, ma il mio accento italiano e la valigia in mano li trae in inganno: cosa ci farà mai un italiano allo stadio con la valigia alla viglia di Sunderland – Leicester. “Sei per caso il team manager del Leicester?”, si illumina loro una lampadina, domanda spontanea. “Eh, magari…”.

di Alberto Trovamala

Redazione

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