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Il derby di Milano visto dalla Cina

Il derby di Milano visto dalla Cina. Prima del fischio d’inizio, fuori San Siro, abbiamo assistito a un entusiasmo esagerato: bandiere cinesi, magliette, sciarpe, la forza del brand. Dei colori. Degli investimenti. Roba che su Weibo – uno dei social network cinesi – il Milan ha circa 420mila seguaci. Ergo: un mercato aperto. E sorrisi all’orientale per un nuovo corso. In Cina, però, regna un pizzico di indifferenza. E di Yonghong Li ne parlano in pochissimi, almeno lungo il ‘Bund’ e ‘Naijing Road’. Tra la gente. Ovvero i possibili ‘consumatori televisivi’ del ‘prodotto Milan’ in oriente.

Derby alle 12.30 per favorire i cinesi, 18.30 ora di Pechino. Ma nei bar, per strada e nei locali nessuno lo trasmette. Nonostante CCTV e LETV, le due piattaforme televisive cinesi, detengano i diritti del nostro campionato (al pari di Premier e Bundes). Stranezze 3.0. Ma in realtà il discorso è abbastanza semplice: in Cina c’è interesse per il calcio, è chiaro. Vedi l’accoglienza ricevuta da Tevez a Shanghai. Ma non hanno la cultura europea o sudamericana. Tradotto: lo vivono in modo totalmente diverso. Tifo in primis. Piccoli esempi: nello store ufficiale dello Shanghai Shenhua vendono la maglia dello Shanghai Sipg (la squadra rivale). Un po’ come se al Roma store ci fosse quella della Lazio. Impensabile. Ma se glielo fai notare non capiscono, per loro è una cosa normale. Capitolo Milan invece: tanti negozi dell’Adidas, ancora poche maglie rossonere. Stesso discorso per l’Inter, due club ormai ‘cinesi’ e dal futuro all’orientale. La lunga via del pallone è ancora in costruzione, servono tempo e pazienza per invogliare i cinesi a seguire la nostra Serie A. Servono i campioni alla Oscar per riempire gli stadi e far capire al popolo che “il grande sogno” del pallone può essere realizzato. Gli obiettivi del governo sono due: ospitare i Mondiali e vincerli. Magari con Lippi Ct, che proverà fino all’ultimo a qualificarsi all’edizione di Russia 2018 (molto difficile visti i 5 punti raccolti). Il riscatto e la prima cosa. Specie dopo la batosta contro la Thailandia nel 2013, un 5-1 senza scuse che ha dato il via alle critiche è una serie di domande: “Vogliamo essere competitivi, come facciamo?”. Investimenti a ruota libera e occhi in Italia. Milan e Inter per il primo derby cinese. Bandiere in Italia, disinteresse in patria. Almeno per ora, comunque, servirà tempo. La cultura del pallone non si può ‘comprare’.

Redazione

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