Il 12 febbraio dell’anno scorso, Nicolò Zaniolo si allenava. Il giorno prima aveva giocato una grande partita di Primavera. Inter-Atalanta 3-3: un gol e un assist. Capelli corti, 18 anni, la 10 sulle spalle e gli applausi dei 150 spettatori.
Quel giorno era un lunedì di vigilia per Gigi Buffon. A Torino arrivava il Tottenham, andata degli ottavi di Champions. Ennesimo assalto a quell’ultimo desiderio, presenza numero 114 nella coppa più ambita. Il giorno successivo, i 40mila dello Stadium si erano illusi per la doppietta di Higuain ma svegliati con il dribbling di Kane su Gigi e con la punizione di Eriksen. Buffon battuto, lento ad andare giù sul destro del danese. Qualcuno storse il naso e lo diede per finito. Si sarebbero rimangiati tutto nella notte del Bernabeu.
A Madrid sembrava finita la sua storia in Champions. Sbagliavano. A Madrid, a settembre, esordiva in Europa un giovane diciannovenne con la maglia della Roma. Sembrava una follia, era solo l’introduzione di una favola.
Il 12 febbraio del 2019 Zaniolo e Buffon sono due destini che si uniscono. Protagonisti di un martedì da leoni. Il primo è il più giovane italiano della storia a segnare una doppietta in Champions, l’altro scrive il cinquantunesimo clean sheet della sua carriera europea. Nello stadio in cui è andato più vicino al suo sogno, in una notte di maggio del 2003. Nicolò Zaniolo avrebbe compiuto quattro anni due mesi dopo.
Uno è nato nel ’99, l’altro nel ’78. Potrebbero essere padre e figlio, sono fratelli d’Italia. Vengono dalla stessa terra, sono fatti della stessa pasta. Zaniolo è nato a Massa, Buffon a Carrara. Gente abituata prima a lavorare e poi, semmai, a parlare. Volontà di marmo, coraggio, determinazione e personalità. Sono cresciuti a La Spezia e a Parma. Nessuno sguardo alla carta d’identità, nessuna voglia di chiedersi se è troppo presto o troppo tardi per volare.
Nicolò Zaniolo si è fatto crescere i capelli rispetto a un anno fa ma non si è montato la testa. Riesce a farlo in una città che freme nel rivedere un ragazzo sfrontato e dominante come quella leggenda nata in via Vetulonia. Nicolò si schernisce, sorride ai paragoni e continua a correre. Sulla fascia destra, contro il Porto, sembrava avere un gemello. Ripiegamenti, folate e freddezza sotto porta. Roma sogna l’erede di Totti, Di Francesco forse ha scoperto – dopo tanti tentativi – il successore di Salah.
A Manchester, Buffon ha alzato un muro di fronte agli assalti dello United. Quarto calciatore a giocare in Champions a 41 anni, terza volta imbattuto – rigori contro il Milan esclusi – a Old Trafford. Un paio di interventi importanti nel primo tempo, poi le braccia alzate al cielo due volte. Come Zaniolo. “Un ragazzo così giovane che riesce a imporsi così presto, con questi risultati, a questi livelli, potrebbe avere le stimmate del predestinato. Io mi ricordo suo padre Igor, grande attaccante, grandissimo combattente. Se ha preso dal papà quelle qualità e la voglia di migliorare, stiamo parlando certamente di un talento incredibile”, ha detto Buffon ai microfoni di Sky Sport a fine partita.
Messaggio intergenerazionale, da fratello maggiore.
Chissà quanto sembra lontana a entrambi la loro ultima volta al Bernabeu. Adesso sognano entrambi di tornare a Madrid. Pochi chilometri più in là, stadio Wanda Metropolitano, primo giugno. I sogni non hanno età. I campioni neanche.
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