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Il lago, i figli, Nesta e la difesa: vivere alla Ranellucci. “Volevo smettere, poi sono ripartito dall’Eccellenza. E ora 100 con la Feralpisalò”

Qui sto da Dio”, ambiente perfetto il lago. ‘Thats’Garda’, sì. Territorio tiepido e romantico. Un posto da preservare e difendere, anche in campo. “Perché godersi il calcio in questa atmosfera è tutta un’altra cosa”, già. Sorrisi e tranquillità, per Alessandro Ranellucci. Caratteristiche da vero leader, valori da padre di famiglia. Il pallone, poi, come denominatore comune. E la Feralpisalò, soprattutto: “Qua la gente mi vuole davvero bene, la sento mia”. Affetto , riconoscenza e … traguardi. #Ranellucci100, avanti così. Un numero totale, come la sua passione: “Siamo solo alla terza stagione, di tempo ce ne sarà ancora. Ma cento presenze con la stessa maglia ti rendono davvero orgoglioso”.

E l’invincibilità fa rima con difesa. Un ruolo oltre la semplice posizione in campo. Mestiere e famiglia, questo il binomio ideale per migliorarsi sempre. ‘Tanti auguri papino nostro, ti vogliamo tanto bene’, messaggio dei suoi due bambini per la festa del papà, poi testa dritta alla partita. Questa l’ultima speciale domenica di Ranellucci: “Contro la Sambenedettese è stata una grande gara. Abbiamo finito in 10 e ci hanno raggiunto su rigore. Meritavamo qualcosa in più”. Alessandro, però, alla fine raccoglie tanto. Stima, riconoscenza e affetto. “Sono davvero felice – racconta in esclusiva ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com. Qua si vive alla grande. La società è solida e sempre più ragazzi vogliono venire alla Feralpisalò”. Ambizione e umiltà, sempre. Anche a trentaquattro anni, da padre prima e calciatore poi. Pochi segreti e tanto amore: “Appena finite le partite scendo a Latina, a casa”. Quale miglior modo per ricaricare le batterie. “Prendo il treno e parto, ogni volta. Mia moglie è rimasta giù per esigenze lavorative, si gode i piccoli. Io invece preferisco fare avanti e indietro. Anche loro però si fanno sentire eh, ogni tanto la visitina a papà gliela regalano”.

Vivere alla Ranellucci, su e giù. Sopra la testa di Ale il tempo ora è sereno. In passato, però, qualche nuvola c’è stata: “Le mie prime esperienze furono vicino a casa. Un giorno mi chiamò il Lecce, all’epoca il direttore sportivo era Corvino e la prima squadra era appena salita in Serie A. In Puglia ci andai a 16 anni, feci Allievi e Primavera”. E poi? “Il buio. Un infortunio al ginocchio mi allontanò dal pallone. Sconforto totale: volevo smettere”. Ma la caduta in realtà alimenta la forza interiore, fortifica: “Tornai a casa. Feci un anno fermo. Mi allenavo in una squadra locale, arrendersi mai: ovvio. E così ripartii dall’Eccellenza”. Risollevato da quell’arte del combattente che ora lo vede protagonista in campo. “Il primo successo fu a Melfi, vinsi la Serie D. E poi Martina Franca, ex Serie C1”. Da professionista, roba per pochi: “Forse ci sono arrivato tardi, a 22 anni: ma poco importa. Ora me la godo”. Fino alla svolta, l’apice: “Che emozioni con la Pro Vercellli, quattro stagioni meravigliose. Venivano dal fallimento, hanno creduto in me e insieme, dopo 64 anni, siamo risaliti in Serie B”. Fino ad oggi, in un paradiso calcistico: “Nel 2014, dopo aver vinto ancora i play off in Lega Pro a Vercelli, la Feralpisalò mi cercò con insistenza. Accettai subito, dovevo cambiare aria”.

Lago, famiglia e … difesa. “Cominciai da terzino. Poi, col tempo, mi sono formato centrale. Non sono un grande giocatore tecnico, amo le cose semplici. In questi ultimi tre anni alla Feralpisalò sono arrivati anche diversi gol. Vado più deciso, leggo meglio la traiettoria. Soprattutto con i piedi, mica solo testa eh. Anche se preferisco non subire e stare attento alla marcatura”. Alla Nesta, per intenderci: “In comune? Beh, abbiamo lo stesso nome. Lui è inarrivabile, ma ispirarsi non costa nulla. Poi tifo Lazio, storia “. Dalla fede alla tradizione azzurra: “Adoro tutte le squadre che fanno giocare noi italiani”. Uno alla vecchia maniera, Ranellucci: “Faccio la stessa vita da quando avevo vent’anni. Non esco la sera, non ho mai amato fare tardi. Magari un po’ di bicicletta e poi tanta famiglia”. Passioni e doveri, anche da capitano: “La fascia la prendo quando non gioca Bracaletti, è lui il veterano qui”. E Alessandro è un uomo spogliatoio, questione di carisma: “Siamo un gruppo sano, cerco di legare con tutti: non solo con gli ‘anzianotti’ come me”. Con uno sguardo dritto al futuro, orizzonte da … “Magari allenatore, rimarrò nel mondo del calcio: sicuro. Prenderò il patentino e crescerò nuovi ragazzi”. Con dei valori da preservare e difendere, in campo e nella vita: alla Ranellucci.

Redazione

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