Dallo Stirpe all’Angelo Sale, da Frosinone a Ladispoli. 131 chilometri che sembrano migliaia perché nessun tifoso dell’Avellino avrebbe potuto immaginare quello che è successo nella realtà. Un’estate tormentata, infinita e all’insegna delle speranze tradite. Tutto per colpa di una maledetta fideiussione.
La B, salvata sul campo a Terni. La B strappata, spezzettata, finita. La ripartenza dalla D, dagli stadi circondati dai campi di grano, dai settori divisi da un nastro, come quello di Ladispoli dove sciarpe e bandiere biancoverdi sono tornate a sventolare sotto i colpi di un leggero vento di metà settembre. E pensare che l’ultima volta quegli stessi vessilli erano stati mostrati con orgoglio allo Stirpe di Frosinone, in un’amichevole contro la Roma.
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“Ma ora la nostra categoria è questa e noi non possiamo che amare a prescindere quei colori”. La frase è ripetuta fino alla noia da Paola come da Nella, partite da Rovigo e da Livorno, da Marco e Nino che dell’Avellino non riescono proprio a fare meno, dai tanti irpini trapiantati a Roma che vedono nelle tante trasferte laziali l’unica cosa positiva della serie D, da Sabino che questa estate ha pianto tutte le lacrime che aveva, e da Flavio che con il suo gruppo “Insuperabili” voleva esserci e basta.
A Ladispoli sono più di trecento, tra la mini tribuna dedicata a loro e quella dei supporter locali che in questo stadio non hanno mai visto tanta gente. L’impatto non è dei più semplici: all’inizio i trecento “folli” si sentono spaesati, chi ride per non piangere, chi è già “mentalizzato”, chi pensa solo a comprendere se quelle maglie lo emozionano ancora.
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E al gol di Gerbaudo, il primo della storia per la Calcio Avellino Ssd, il cuore torna a battere, i cori, quelli di sempre, a risuonare alti, forti, andando al di là del grano intorno, fino al mare. Ed è un crescendo, rete dopo rete, fino al triplice fischio e al 4-1 per l’Avellino. Sarà per la presenza del logo del lupo che è tornato sulle magliette grazie alla Associazione per la Storia, il gruppo di tifosi biancoverdi che lo detiene e lo ha dato in comodato d’uso gratuito al club di De Cesare, o semplicemente perché l’amore è folle, sconosciuto e infinito. L’amore non va spiegato. Va vissuto e basta.
A cura di Titti Festa
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