“Stanotte non ho dormito molto, l’adrenalina era troppa. Cellulare e social sono assolutamente in tilt, di questo sono fiero e orgoglioso. Ho visto l’affetto di una città intera, di tutte le persone che conoscono bene Antonio. Anche amici che tifano per il Bari, ma felici per il mio gol”. Il calcio è un gioco, dicono. Raccontatelo ad Antonio Giulio Picci, 33 anni e tifoso da una vita del Bari, che ieri sera ha messo la sua firma (e la sua zuccata) su una vittoria storica, quella del Bitonto al San Nicola: minuto 52, cross da destra di Lavopa, anticipo netto su Di Cesare e palla in fondo al sacco. 0-1 e neroverdi al secondo turno di Coppa Italia di serie D. “Ancora non ci credo – racconta lui a gianlucadimarzio.com – Il destino ha voluto che fossi proprio io a segnare in quello stadio. Volevo segnare con tutto il cuore, era una partita troppo particolare per me. Se qualche parente mi ha rimproverato? Per non rischiare ho messo tutti i parenti nel settore Ospiti. Erano lì con parenti e amici degli altri compagni di squadra”.
Orgoglio, voglia di rivalsa e cuore: c’è tutto in quel colpo di testa che ha battuto Siaulys e avviato la festa dei quasi 350 tifosi arrivati da Bitonto, centro distante due caselli di autostrada dallo stadio San Nicola. Picci ha interrotto la sua corsa, allontanato i compagni e chiesto scusa alla “sua” Bari. Fino (quasi) alle lacrime. “Quando segno in genere non riesco a trattenermi. Vivo per il gol, non dormo la notte. Riuscire a trattenere una gioia simile dopo aver segnato in una partita del genere è stato molto difficile”. Di gioia e di rabbia, così come ha sempre interpretato le partite, da centravanti al quale il gol non è mai mancato. “Ho girato il commento in radiocronaca del mio gol a tanti amici e tante persone per me preziose nel mondo del calcio e quanti messaggi ho ricevuto – spiega ancora emozionato – mi ha scritto anche Andrea Caracciolo, ma anche tante persone che nel corso della vita hanno avuto fiducia nei miei mezzi. Su tutti, voglio ringraziare il presidente Rossiello che ha fortemente creduto in me”. L’emozione è palpabile, ma anche condivisa. Come quando gli fai notare che ha segnato un gol storico con la maglia numero 11 sulle spalle. Lui che nella vita è stato sempre un 9 risponde così: “Quella maglia a Bitonto è di un grande collega e amico come Cosimo Patierno, che sta facendo bene ed è diventato un grande attaccante. Ieri ha giocato una partita pazzesca”.
“Keep calm , state tranquilli che segna Picci” recitava uno striscione cult del ritiro estivo del Brescia a Temù sei stagioni fa. E di gol Antonio da Bari ne ha sempre segnati. Mai però con la prima squadra biancorossa. “Perché non ho giocato con il Bari? Si era parlato di me quando ero a Brescia, ma non se ne è mai fatto nulla – spiega – il mio rammarico più grande è aver fatto la trafila del settore giovanile, essere stato il bomber della Primavera davanti a Pellé e Corvia, quello è stato il momento nel quale Picci e il Bari avrebbero potuto incontrarsi senza mai lasciarsi. Perdemmo la semifinale scudetto con l’Atalanta di Pazzini, Defendi e Canini”. Il San Nicola è un chiodo fisso: “Abito a Bitritto, passo davanti allo stadio 3-4 volte al giorno. Mia figlia mi chiede sempre: Perché non hai mai giocato in quello stadio? E non so darle una risposta. Sono sincero: sono stato tante volte allo stadio da spettatore e ho invidiato chi ha indossato e indossa quella maglia. Sono tifoso del Bari e sono barese doc”.
Barese doc, che ieri ha costretto la banda di Cornacchini al primo stop stagionale dopo due vittorie nette in campionato con un centro che nella classifica personale è fuori categoria (“Non ha paragoni, è più importante anche dei gol in B in Brescia-Crotone e Brescia-Cittadella, ho fatto anche gol che hanno deciso i campionati”). Impegno, professionalità e gol: in carriera sono 150 dall’Eccellenza alla serie B, costante sempre presente in un percorso di maturazione che ha complici importanti. “Sicuramente nella mia vita ho commesso degli errori dettati dal carattere – racconta Picci Sono un tipo impulsivo, senza peli sulla lingua e ho voluto sempre giocare senza aspettare il proprio turno. Chi mi conosce però lo sa, ora ho due figli (Giulia e Nicolas) e amo mia moglie Angela. La famiglia è stata fondamentale per la mia crescita”.
La carriera è un film che passa rapidamente davanti agli occhi: Vasto, Vittoria, Lamezia Terme, Brindisi, Castel San Pietro Terme, Pomigliano, Reggio Calabria, Martina Franca, Barletta, Matera, Francavilla, Matelica, Virtus Francavilla, Turris, Gravina e ora Bitonto. “La stagione più emozionante? Quando vinci è complicato, ho vinto cinque campionati. Sicuramente le piazze dove ho vinto, Matera, Francavilla Fontana, Martina Franca, dove abbiamo scritto la storia. Ovunque vado, anche nei giardini, ci metto il cuore”. Il presente si chiama Bitonto: “Qui mi trattano da re e in una categoria come la D, fatta spesso di gente poco chiara, trovare dirigenti così bravi e corretti come il presidente Rossiello è difficile. Ora voltiamo pagina e pensiamo al Cerignola domenica (terza giornata del girone H di serie D, dove il Bitonto ha 4 punti): abbiamo la possibilità di scrivere un’altra pagina di storia. Siamo una matricola, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà”. Con il cuore (anche) a Bari: “Avevo sperato di far parte dei piani della società in B, lo ammetto. Spero che De Laurentiis ci porti subito via da questa categoria, lo dico da tifoso e non da calciatore”.
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