Categories: Interviste e Storie

Il calcio visto da una cella, con gli occhi di Mandela

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Lo sport può svegliare la speranza dove c’è disperazione”. Nelson Mandela.

A Robben Island, l’isola-carcere a largo di Cape Town, dove venivano rinchiusi i prigionieri politici nell’epoca dell’apartheid, le radici di miseria e disperazione attecchivano in profondità. E’ lì che Madiba ha trascorso 18 dei suoi 27 anni di reclusione. E’ lì che un gruppo di detenuti, privati dei più elementari diritti e della loro dignità, hanno trasformato un pallone che rotolava in un simbolo di ribellione e speranza, permettendo al calcio di inserirsi tra vittima e carnefice come strumento di lotta. Hanno iniziato nel 1964 colpendo un cumulo di vestiti che a stento ricordava una sfera. Era vietato, come ogni altra cosa. Ma l’insistenza (e la resistenza) di quei particolari giocatori, per la maggior parte docenti, scienziati e attivisti che avrebbero ricoperto un ruolo nel Sudafrica libero, ha permesso loro, due anni dopo, di far nascere la Makana Football Association, il movimento sotto cui si unirono per organizzare veri campionati interni al carcere. Lì, su quel lembo di terra sperduto nel mare e dimenticato da tutti, c’era anche il futuro presidente sudafricano Nelson Mandela. E nonostante non gli fosse permesso di assistere a quelle partite, l’uomo che per quasi trent’anni ha osservato il mondo attraverso le grate di una cella, ha compreso che quella corsa dietro al pallone, rappresentava uno spiraglio di luce verso la libertà.

“Saper gestire il football in quelle condizioni estreme voleva dire essere in grado di poter guidare, un giorno il Paese”; così ha scritto Chuck Korr nel libro More than just a game, in cui racconta di quell’isola e della Makana. Più di un semplice gioco: così si è stagliato il calcio nel mezzo di vicende storiche drammatiche ed epoche buie.

Come nel Sudafrica dell’apartheid, prima che diventasse di Mandela. A Robben Island, l’ex presidente era tornato nel 2007, per la cerimonia con cui la FIFA l’ha dichiarato suo membro onorario. In quel giorno, su quel campo consumato dalla storia, sono stati calciati 89 palloni, (i primi due dai piedi di Samuel Eto’o e del vicepresidente FIFA Jack Warner) come gli 89 anni di Madiba. Oggi sarebbero 100 e l’augurio è di non dimenticarsi il senso dello sport, perfettamente racchiuso nella vita di Mandela e nelle immagini che lo ritraggono durante i suoi Mondiali, nel 2010. Fiero, col sorriso sereno di un leader eterno.

Redazione

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