Ora è ufficiale, Frank de Boer è il nuovo allenatore dell’Inter, il prescelto nerazzurro. Andiamolo a scoprire, tra curiosità e filosofia di gioco.
Ama il Tiki-Taka e non ne fa un mistero: “Giocarlo è difficile, ma è il calcio più bello”. Punta sui giovani e si ispira a Guardiola: “E’ stato un maestro, gli devo tutto”. Allenatore tutto d’un pezzo, de Boer: “Ognuno deve rispettare i valori della squadra”. Chiedete a Kishna, oggi alla Lazio. Messo fuori rosa per comportamenti inadeguati: “Gran talento, ma deve cambiare”. E intanto Ricardo lascia l’Ajax “per colpa di de Boer”.
Rigido, Frank. Idealista, non visionario. Pragmatico. Quello che da giocatore alzava trofei e vinceva campionati (Ajax, Barcellona). Sbagliando, poi, un paio di rigori agli Europei. Ricordi, Toldo? Altre storie, progetti concreti ora: “Non allenerei il Barcellona, lì serve un gestore. Cosa puoi insegnare a Messi e Iniesta?”. Non fa per lui: “Io sono un allenatore”.
Inter, tocca a Frank. Pallino di Thohir da tempi non sospetti: “Ammiro Messi”. Grazie, e poi? “Anche de Boer!”. Disse il presidente nel 2014: “Mi piace il suo lavoro”. Indizi importanti. Meticoloso, attento. E il suo calcio ne è lo specchio: 4-3-3 (o 4-3-1-2. Ali veloci, punte forti, retroguardia solida, con la miglior difesa d’Olanda negli ultimi 4 anni. Cura del dettaglio. Movimenti coordinati, tanto c’è chi finalizza. Esempio: Arkadiusz Milik, nuovo acquisto del Napoli. 47 gol sotto la sua gestione. Finalizzatore di un gioco ormai certezza. Fonte d’ispirazione.
Viva l’Ajax e i giovani talenti. “Quando sono arrivato qui la squadra non costruiva calcio. Noi abbiamo invertito questo trend”. Ma guai a chiamarlo sergente di ferro, anzi: “Cerco di essere come un padre”. A tratti integralista: “Devo avere tutto sotto controllo”. Poi innovatore: “Bisogna essere creativi”. Anche in allenamento: l’anno scorso si ruppe il tendine d’achille giocando a calcio tennis. Prognosi chiara: “Riposo”. Ma invece si presentò agli allenamenti in motorino. Stile. Uno che tiene ai suoi ragazzi: “Bisogna essere informati su cosa fanno, sui loro problemi”. Protettivo.
Tant’è che l’Europa fa razzia dei suoi talenti: Eriksen, Vertonghen, Alderweireld, Suarez, Blind, Van der Wiel, Sigþórsson. Tutti passati per quell’Ajax che fino a maggio è sempre stato suo. Poi, dopo sei anni, l’addio tra lacrime sincere, “colpa” di uno scudetto già vinto e perso al fotofinish. Ah, il PSV: “E’ il momento giusto per cambiare”. Nonché sportare quella filosofia che in Europa ha un bel successo. Prima giocatore, un vincente nato: “Non è stato difficile passare in panchina”. Sempre leader. E la Champions del ’95 parla per lui. Ex bandiera dell’Olanda poi, 112 presenze e tante battaglie.
Amici veri lui e Bergkamp. Un tempo compagni: “Ancora lo ringrazio per quell’assist all’ultimo minuto ai Mondiali del ’98”. Poi suo vice: “Ci confrontiamo spesso – dice Frank – accolgo le sue idee”. Frutto di 4 Eredivisie consecutive. Infine c’è Ronald, suo fratello gemello. I due – dopo aver condiviso una decina di trofei da giocatori – oggi utilizzano lo stesso account Twitter e si spronano a vicenda. Brotherhood. Inter nel futuro di de Boer. Un tempo la Serie A non gli piaceva: “Preferisco Liga, Bundes e Premier”. Anche se poi rifiutò il Liverpool “perché stava bene all’Ajax”. Come allenatore esordì in Champions contro il Milan, vinse 2-0. Destino, Serie A, San Siro. “Eh ma il campionato italiano…”. Ora avrà cambiato idea.
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