Zlatan Ibrahimovic dice addio al Milan, e lo fa in una conferenza stampa organizzata a San Siro dopo Milan-Hellas Verona, valida per la trentottesima e ultima giornata del campionato di Serie A.
Lo svedese ha parlato nella sala stampa del Meazza poco dopo la mezzanotte.
SULL’ADDIO – “Questa volontà di lasciare il calcio non l’ho detta a nessuno. Avevo chiesto alla società un’ultima partita per un momento speciale ma non lo sapevano neanche loro. Ringrazio anche i giornalisti per la pazienza, ora avrete meno lavoro da fare. Grazie a tutti. Da domani sono un uomo libero da questo mondo. È stata una carriera lunga lunga. Sono orgoglioso e felice che sia durata così a lungo grazie a tutte le persone che mi hanno dato forza adrenalina e voglia di continuare. Oggi è la mia ultima giornata da professionista: voglio ringraziare anche il Milan e tutte le squadre e gli allenatori con cui ho giocato. Chi mi ha aiutato nella carriera lo sa. Il futuro ora ce lo godremo. Arriva il prossimo capitolo della mia vita”.
SULLE SENSAZIONI – “Oggi pioveva, ho pensato: ‘Anche Dio è triste’. L’emozione era troppo forte, oggi sembravo uno zombie. Tre mesi fa sarei stato in panico a dare un annuncio del genere. Oggi invece lo accetto e sono pronto, ovviamente anche un po’ triste. Il calcio mi ha fatto diventare uomo, mi ha fatto conoscere persone che sicuro non avrei mai conosciuto altrimenti. Ho viaggiato per tutto il mondo grazie al calcio. E poi col Milan c’è troppa emozione. La prima volta che sono arrivato mi ha dato felicità, la seconda amore. Mi sono sentito a casa dal primo giorno. Sono tornato per passione, questa squadra è come una seconda famiglia. Quando sono arrivato io avevo 39 anni e gli altri 20, avevo due figli a casa e me ne sono trovati altri 25. Possono migliorare ancora di più sono pronti per portare avanti questo club”.
SULLA PAURA DI SMETTERE – “Tutti i professionisti sono programmati. Facciamo la stessa routine tutti i giorni per tanti anni, quando uno è programmato così sei abituato a quello che fai. Il panico è quando ti svegli e non sai più cosa fare. Adesso l’adrenalina sarà differente. Non ho un programma da seguire. Normalmente faccio colazione con la squadra, mi alleno con la squadra; mi mancherà lo spogliatoio, che è una casa dove sentirsi protetti. Ma ora sono tranquillo“.
SUL FUTURO – “Per il momento voglio solo godermi quello che ho fatto. Non è neanche giusto prendere una decisione così in fretta, perché ci sono troppe emozioni che mi passano dentro oggi. Voglio prendermi il tempo per riflettere su quello che ho fatto. Poi se si calma la situazione vediamo. Essere allenatore o direttore una grande responsabilità: sei più limitato che da calciatore. Si lavora ancora di più. Bisogna pensarci bene: se entri in un nuovo ruolo bisogna partire da zero. Mi prendo tempo”.
SULL’ADDIO DI RAIOLA – “Quando ci ha lasciato Mino il calcio è cambiato per me. Non era più la stessa cosa, perché ero da solo, non avevo nessuno al mio fianco con cui parlare delle mie cose. Non solo di calcio. Se era per lui avrei continuato a giocare a calcio perché avrebbe voluto commissioni (ride, ndr)”.
SULLA DECISIONE – “Il momento è arrivato quando ho accettato la decisione. Doveva arrivare da me la scelta. Tanti hanno dato la propria opinione, ma dovevo accettare io di dire basta. E il momento è arrivato. È il momento di godermi il calcio e la vita privata in un altro modo. Offerte ne avevo, ma non erano interessanti. Se uno ha accettato di non continuare non interessano le offerte”.
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