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I marziani s(barça)no a Roma. Dal gol di Florenzi al nuovo gruppo di Valverde: Roma-Barcellona ai raggi X

I marziani s(barça)no a Roma. O, quanto meno, ci sbarcheranno a breve. Il sorteggio dei quarti di finale di Champions League ha detto Barcelona-Roma: la squadra più forte dell’ultimo decennio sfiderà i ragazzi di Di Francesco, capaci di ritagliarsi, battendo lo Shakhtar, uno spazio tra le prime otto d’Europa. Sarà difficile, inutile negarlo. L’ultima volta che si sono affrontate era il novembre del 2015, gara di ritorno del girone E: al Camp Nou finì 6-1 per i blaugrana. Giallorossi schiacciati, Rudi Garcia nel mirino dei tifosi. Può succedere: se li chiamano marziani, un motivo ci deve pur essere. Nella sfida d’andata, infatti, Totti e compagni erano riusciti a dire la loro: 1-1 all’Olimpico. Ricordate? Florenzi sì, ne siamo sicuri. Gol da metà campo con un pallonetto a Ter Stegen, stadio incredulo e una gioia immensa per lui: “Quando ho visto la palla in volo, già è stata una gran bella cosa. Poi ho cominciato a realizzare che la palla sarebbe potuta entrare. Quando ho visto il pallone in porta e i tifosi in delirio, ecco, quella è stata una delle emozioni più grandi mai provate da quando gioco a calcio, raccontò in un’intervista al sito della Uefa. Un gol che valse un punto e, per tanti, mille emozioni. Indietro nel tempo, un’altra gioia all’Olimpico riporta ad uno scontro con i blaugrana: 26 febbraio 2002, Roma-Barcellona 3-0: gol di Emerson, Montella e Tommasi.

Tanti gli scontri diretti, sì, ma non solo: nella Capitale il Barça ha persino vinto una Champions League. Nove anni fa, per l’esattezza, quando il Manchester United finì la partita sotto di due gol: le firme, quella volta, furono di Samuel Eto’o e Leo Messi, con la Pulce che regalò il raddoppio ai suoi con un colpo di testa. Era il Barcellona di Pep Guardiola, del tiki-taka e del 4-3-3, dei primi anni di un modo tutto nuovo di intendere il calcio che, quasi un decennio più tardi, ancora ha successo. A turno, il modello blaugrana ha affascinato un po’ tutti. Come dimenticare la Roma di Luis Enrique? Il suo era un calcio incompreso, una “brutta copia del Barça” che, secondo molti, era destinato a fallire. Qualche anno più tardi, sappiamo tutti com’è andata a finire: il Barcellona, guidato da Luis, è tornato grande, grazie anche alla gentile partecipazione della MSN – Messi-Suarez-Neymar – capace di trasformare le migliori corazzate in un innocuo scenario per le loro magie. La Juve ne sa qualcosa.

La scorsa estate, dalle parti del Campo Nou, è cominciata un’altra, nuova era. Se sarà vincente come le altre lo sapremo al termine della stagione. Le differenze son poche, soltanto due, di fatto, rispetto al recente passato: Luis Enrique si è preso un anno sabbatico e, al suo posto, in panchina siede Valverde, ex Athletic Bilbao. In avanti, l’addio-shock di Neymar ha spinto il Barça a rifarsi con il duo Dembelè-Coutinho, anche se il brasiliano non potrà giocare la Champions. In avanti, dati alla mano, i blaugrana potrebbero aver perso qualcosa. Certa è una cosa: indipendentemente dai compagni di reparto, Leo Messi è ancora in grado di fare ciò che vuole. Una “gabbia” per tenerlo a bada? Vedremo. Tra l’altro, si racconta che a fare la differenza non siano tanto i gol fatti, quanto quelli (non) subiti: quest’anno, in Champions League, la porta di Ter Stegen è stata violata solo due volte. Il testimone passa ora a Dzeko e compagni.

Francesco Calvi

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