Interviste e Storie

Dieci anni di gol, sorrisi e “fotografie”. La recluta Son si congeda dagli Spurs

Heung-min Son con la maglia del Tottenham (Imago)

Dopo dieci anni dal suo arrivo, Heung-Min Son lascia il Tottenham. I gol, le delusioni e il lieto fine di un giocatore che è già leggenda degli Spurs

Lasciare questo club è la decisione più difficile della mia vita“. Così Heung-Min Son ha fatto sapere, tra commozione e l’onestà che lo contraddistingue, che dopo un decennio lascerà il Tottenham in estate. Con la sua semplicità, ha saputo ancora una volta farsi amare dai propri tifosi, anche nel momento dei saluti.

Un amore genuino e puro, come quello che ha dimostrato di avere per una maglia che è diventata una seconda pelle. E per rendersi conto di questo legame basta aprire i profili social del Tottenham, inondati da messaggi di affetto per il proprio capitano.

Tra commenti con ringraziamenti e saluti, c’è anche chi chiede il ritiro della sua maglia numero 7. Su una cosa però sono tutti d’accordo: se ne sta andando una leggenda. Al suo arrivo nel 2015 dal Bayer Leverkusen aveva 23 anni, non aveva mai giocato in Inghilterra e non sapeva una parola di inglese. Ora quel ragazzo della Corea del Sud se ne va da uomo, salutando quella che è diventata casa sua.

Nel corso della sua permanenza è cambiato tutto. Allenatori, compagni, addirittura lo stadio, passando dallo storico White Hart Lane al nuovo Tottenham Hotspur Stadium. Lui però è sempre rimasto. “Dieci anni sono davvero tanto tempo“. Sì, Sonny, lo sono.

Cosa ha reso Son così speciale

Tra i tanti commenti sotto gli account ufficiali del Tottenham, a fare il pieno di like ci sono anche quelli che lo definiscono un giocatore con “zero haters“. Un modo simpatico e molto social per dire che è semplicemente impossibile non amarlo. Per farsi contagiare basta ammirarne un sorriso sempre stampato in faccia oltre a un’umiltà rara. Come un soldatino si è sempre messo a disposizione della sua squadra e dei tifosi, così come fa da sempre anche per il proprio Paese. E non solo in campo, perché nel 2020 è tornato in patria per rispondere all’obbligo della leva militare, ridotto a tre settimane per i suoi meriti sportivi in rappresentanza della nazione.

Un ragazzo che ai suoi tifosi ha saputo regalare emozioni e “bei ricordi”, come a lui piacerebbe dire. Questo è il significato di un’esultanza che nel nord di Londra è diventata iconica, una macchina fotografica per immortalare un bel momento come un gol. L’ultimo bel ricordo che lascia è la vittoria dell’Europa League, sollevata da capitano ma senza medaglia al collo. Una semplice coincidenza, perché non erano abbastanza quelle preparate dalla Uefa per la premiazione, ma che rende ancora più nitida l’immagine di capitano e uomo umile.

La premiazione del Tottenham dopo la vittoria dell’Europa League (Imago)

Dalla coppia d’oro con Kane alla chiusura di un cerchio

Bastano un po’ di di numeri per rendersi conto di come Son sia ormai un gigante della storia del Tottenham. Dopo dieci stagioni è quinto per presenze all time nel club con 454 partite, primo tra gli stranieri. Ad arricchirle ci sono 173 gol, che lo rendono il quarto marcatore di sempre del club, con la media di 0,38 per partita. Classifica guidata da un certo Harry Kane, con cui formava una delle coppie d’attacco più prolifiche d’Europa. Quell’Europa che con loro due gli Spurs sono andati a un passo dal conquistare nel 2019, fermandosi solo in finale di Champions League contro il Liverpool.

Se Kane non ha fatto in tempo ad alzare un trofeo col Tottenham, Son non ha mai ceduto alla tentazione di provarci con un’altra big europea ed è riuscito in quella che era diventata una vera e propria impresa. L’Europa League vinta a maggio è stata la chiusura perfetta di un cerchio, una rivincita per un calciatore forte ma che veniva spesso timbrato come eterno secondo. Un trofeo che al club mancava dal 2008, dopo anni in cui ai successi è andato solo vicino. Un cerchio che si è chiuso definitivamente nel ritiro nella sua Corea del Sud, dove Son ha scelto di comunicare la sua decisione. Una decisione accettata e rispettata dalla società. Un gesto per ricambiare il rispetto mai mancato nel corso di dieci anni. Un decennio in cui Son avrà anche vinto poco, ma ha insegnato tantissimo.

Simone Solenghi

Nato nel 2003 e cresciuto a Piacenza, da sempre vivo a San Nicolò, il paese degli Inzaghi. Mi accomuna a loro la passione per il calcio, nata dalla prima volta in cui andai allo stadio con mio nonno. Con la palla non ho la stessa qualità, quindi ho preferito passare dal campo alla tastiera. Dalle telecronache delle mie partite alla playstation sono così passato ai primi articoli su Serie C e D. Il racconto dello sport mi affascina da sempre, ora sogno di farne il mio lavoro.

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