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Sognando Titi, Thomas Henry: “Non pensavo di diventare professionista. La Serie A è il top”

Senti dire Henry, e in Italia pensi a Thierry. Titi. Lui come lo chiamiamo? Thommy? Troppo anglofono forse. Anche se a Venezia, si sa, storie e lingue si incrociano sempre. Titi è il suo idolo, in Serie A ha segnato 3 gol nella Juve. Lui è l’Henry nuovo: maglia arancioneroverde, due gol, tre assist e una chiamata, questa primavera, davvero a sorpresa. “I dirigenti hanno chiamato il mio agente per dirgli che erano interessati a me” ci racconta lui, in esclusiva. “Avevo parlato anche con l’allenatore Zanetti, ma il primo contatto era stato con il presidente e i dirigenti: sono stati loro a fare il primo passo”. Non è stato semplice chiudere l’operazione: “Abbiamo trattato per mesi. Ho apprezzato molto il modo in cui mi hanno parlato, sono stati chiari da subito ed era quello che cercavo. Il mio obiettivo era quello di mettermi alla prova in un campionato più difficile rispetto a quello belga ed ero pronto a lottare per la salvezza. In ogni caso, venendo da Louvain, non potevo chiedere di andare a giocare in un top club”.

“Non pensavo di diventare professionista”

Ed è arrivato il Venezia. Livello? Altissimo. “Non è per niente facile giocare in una squadra che lotta per non retrocedere”, ammette. “Qui in Italia ci sono i migliori difensori al mondo ed è un piacere poterli affrontare ogni weekend. La gente non sa che ho iniziato con il calcio a 15 anni e nella più bassa serie francese, non avevo pensato di diventare un calciatore professionista. Ho fatto tanta gavetta e tantissima strada e ora sono fiero di essere in Serie A. Ho già realizzato alcuni dei miei sogni, ma per la prima volta in carriera mi sto accorgendo del mio percorso”. Che proseguirà al Venezia? “Lo spero”, dice lui. Anche se non nega “La voglia di andare sempre più in alto. Ho già 27 anni ma ho questa freschezza nella testa perché ho iniziato tardi con il calcio, dipende tutto da quello che farò nei prossimi due anni”.

“Nasco centrocampista”

Attenzione, però. Non si parla solo di gol: “Lo trovo riduttivo”, dice. “Io nasco centrocampista, sono un giocatore generoso e amo partecipare al gioco e fare gli sforzi necessari per aiutare la squadra. Purtroppo, se un attaccante gioca bene ma non segna la gente dirà che non ha fatto gol, ma io non sono mai soddisfatto della mia prestazione se segno e basta. Anche se so che, se voglio migliorare, devo farne di più”. Per questo ride quando pensa alla statistica (“L’unica”, sottolinea) per cui può superare Henry, quello storico: “In Italia mi manca solo una rete per raggiungerlo. Ma di assist ne ho già fatti di più e punto a essere decisivo almeno 10 volte in stagione. Ma non mi pongo limiti, nessuno si aspettava che segnassi 21 gol in Jupiler Pro League l’anno scorso. Anche se qui è tutto più difficile”, dice.

Livello alto, avversari forti. “Da sette partite non vinciamo e dobbiamo rialzarci: abbiamo dimostrato contro Roma, Fiorentina e Juve di cosa siamo capaci. A Verona ci siamo fatti rimontare, quando eravamo sulla buona strada. Tocca a noi rialzare la testa, ricordandoci che l’obiettivo resta sempre la salvezza”. Anche se giocatori importanti ne sono arrivati. In queste ultime ore, è stato depositato il contratto di Nani. Poco prima è toccato a Cuisance. Provenienza: Bayern Monaco. “È un giocatore molto forte. Come altri compagni” dice, contento. “Ma pensiamo alla salvezza, un passo alla volta. Del salto di qualità ci occuperemo il prossimo anno”.

“Che bella la Serie A. E Bonucci…”

Pausa. Riflette. Aggiunge: “Che bella la Serie A. Questo è uno dei quattro campionati migliori del mondo. Ci sono giocatori che hanno vinto Europeo e Champions. Per esempio Bonucci, che è il miglior centrale che ho dovuto affrontare. I giocatori top sono ovunque: penso a Ribery alla Salernitana, per dire. Il calcio italiano non era solo Lukaku, Ronaldo e Hakimi”. A proposito: Romelu è scuola belga. Un po’ come lui. “Da una decina di anni si presta molta più attenzione al Jupilier League, perché le loro squadre hanno giocatori giovani e di qualità. Si sta facendo un ottimo lavoro lì e io stesso ne sono la prova: se sono qui oggi, è grazie al Belgio. La mia seconda casa”.

A cura di Alessandro Schiavone

Redazione

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