Trascinatore in campo, ambasciatore per la pace fuori. Decisivo con un pallone, influente con i messaggi che veicola. Hendrikh Mkhitaryan ha preso in mano la Roma e la sta portando in alto. Nel frattempo, continua a lanciare appelli politici e sociali importanti contro la guerra che sta toccando da vicino l’Armenia, il suo paese d’origine.
È arrivato due estati fa dall’Arsenal. Dopo un primo anno condizionato da qualche problema fisico (che tuttavia non gli ha impedito segnare 9 gol in 22 partite), adesso Mkhitaryan sembra aver ritrovato costanza e altissimi livelli. Tripletta a Genova prima della sosta, doppietta contro il Parma e la sua Roma vola grazie anche ai suoi colpi. Gol e esultanze. Con doppio valore: dopo la prima rete contro il Parma si è rivolto verso le telecamere, con le mani in segno di preghiera.
Sono per il suo popolo, quello armeno, che vive un terribile conflitto con l’Azerbaijan per il controllo del territorio del Nagorno-Karabakh. Adesso la situazione si è tranquillizzata, con una tregua finalmente raggiunta dopo settimane terribili, dove sono stati registrati migliaia di morti, anche civili. Un conflitto che ha costretto molti calciatori e sportivi a lasciare il loro mestiere preferito per mettere le armi in spalla, andare al fronte e vivere un incubo. E adesso, nonostante la tregua raggiunta, il terrore e la paura rimangono.
Non è la prima volta che Henrikh Mkhitaryan lancia messaggi del genere. Usare il grande palcoscenico calcistico per far passare concetti essenziali è ciò che l’armeno fa da tempo. Lui che è anche ambasciatore Unicef, e da sempre molto attivo sul tessuto sociale. Qualche settimana fa scrisse una lettera aperta a Trump, Putin e Macron, in cui chiedeva esplicitamente lo stop al conflitto nella sua terra e la pace per tutti. Un appello forte: “Interrompete questa tragedia: dal profondo del cuore vi chiedo di fare tutto quanto è in vostro potere per riportare le parti a negoziazioni pacifiche”. Adesso tra esercito armeno e quello azero è tregua. Mkhitaryan, nel frattempo, spicca il volo e diventa sempre più una figura di riferimento per il suo popolo. Un legame forte, quello con il suo territorio. Un legame condiviso con tutta la famiglia: la madre è membro del comitato esecutivo della federazione calcistica armena. La sorella Monica lavora in UEFA. Tutti sono quindi molto attivi nella politica sportiva per promuovere il calcio armeno. Henrikh fa anche di più, muovendosi per questioni extrasportive, che almeno adesso sono più importanti.
Nel postpartita della gara con il Parma, Fonseca ha speso belle parole per il suo giocatore: “È un esempio, per come gioca e per atteggiamento. Può giocare in tanti ruoli: non mi sorprende ciò che sta facendo”. Tanti ruoli, dice Fonseca: i gol per adesso arrivano da "falso nueve", da trequartista avanzato che segna. Come faceva un certo Francesco Totti (con cui condivide anche il quartiere di residenza, l'Eur) qualche anno fa, quando con Spalletti si avvicinò alla porta e si scoprì anche bomber, oltre che fornitore speciale di assist geniali e unici.
Un esempio. Henrikh Mkhitaryan sta diventando un punto di riferimento, per le battaglie da vincere in campo e quelle per cui impegnarsi fuori, per far sì che vengano interrotte e mai più disputate. La Roma se lo gode, la sua Armenia ne va fiera. Henrikh può giocare in tanti ruoli, come dice il suo allenatore. In campo e fuori. Lui ne è consapevole, e si vede: li sta interpretando entrambi in maniera egregia.
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