Al termine di una finale le squadre si dividono in vincitori e vinti. Felicità e tristezza. Lacrime di gioia e lacrime di dolore. Probabilmente nel Manchester City c’è chi ha sofferto più di altri e non è riuscito nemmeno a prendere sonno. Uno che ha passato sicuramente la notte in bianco è Ilkay Gundogan, alla seconda occasione sfumata di vincere la Champions League.
Il numero 8 dei Citizens è sembrato essere uno dei più stravolti emotivamente al fischio finale di Mateu Laohz. Sognava un epilogo diverso dopo 8 anni di attesa. La sua prima finale è datata 2013, contro il Bayern Monaco di Jupp Heynckes. A soli 22 anni, insieme al suo Borussia Dortmund, aveva messo paura ai bavaresi. Il suo rigore (e primo gol di sempre nella competizione) aveva rimesso in parità la partita. Poi il gol di Robben all’89° minuto a infrangere le ambizioni della squadra di Klopp e del centrocampista tedesco.
A Oporto non è riuscito a prendersi la sua rivincita personale. Nessuna rivalsa, nessuna ricompensa. Un po’ come Michael Ballack, suo connazionale ed ex giocatore di Chelsea, Bayern e Leverkusen.
I due si assomigliano, nel ruolo in campo e nel destino beffardo che il “dio del calcio” ha riservato per loro. Pure Ballack ha perso due finali di Champions League: la prima nel 2002, quando arrivato all’ultimo atto da “underdog” con il Leverkusen ha dovuto arrendersi al Real Madrid e alla straordinaria volée di Zinedine Zidane. La seconda nel 2008 con la maglia del Chelsea nella finale tutta inglese a Mosca contro il Manchester United.
Una sorte che gli è costata l’etichetta di eterno secondo, anche per gli insuccessi ottenuti con la Germania. Dal Mondiale 2002 perso contro il Brasile fino alla finale di Euro 2008 contro la Spagna.
Gundogan, invece, con la maglia della nazionale è stato molto sfortunato perché queste competizioni non ha potuto nemmeno giocarle. Nel 2014 non è partito per la campagna in Brasile, terminata con la vittoria finale, per una distorsione alla spina dorsale e nel 2016 ha saltato i campionati europei per una dislocazione della rotula.
Entrambi sono stati comunque dei vincenti, nel loro palmarès non mancano campionati nazionali e coppe conquistate sia in Inghilterra che in Germania, ma altrettante sono state le lacrime versate ad un passo dal traguardo. Ballack si è ritirato nel 2012, un ventennio dopo la sua prima volta in cui disse che sconfitte di quel genere “ti lacerano l’anima”.
Per Gundogan, piuttosto, la ferita si è appena riaperta. Il tempo per ricucirla c’è ancora. Il City l’anno prossimo ci riproverà e lui quest’estate avrà una grande occasione con la Germania. L’importante è asciugarsi le lacrime e resettare: quando hai toccato il fondo non puoi fare altro che risalire.
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