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Guardiola, maledettamente Champions

Nemmeno quest’anno il Manchester City vincerà la Champions League. Una frase che suona che suona come una sentenza ma di cui Pep Guardiola non ha voluto fare un dramma: “Non è stata la mia più dura sconfitta in questa competizione“.

L’ha presa con filosofia l’allenatore dei Citizens. Mani sulla fronte e qualche sorriso quasi isterico di accettazione. Ne è consapevole anche lui: la storia, l’ambiente e il prestigio non si comprano. Ci si può lavorare su, come ha fatto dal lontano 2016 a Manchester. La storia del club di Mansur bin Zayd Al Nahyan è cominciata un decennio fa, dalla Premier League vinta con Roberto Mancini fino alla delusione di ieri sera con Manuel Pellegrini nel mezzo. 

Maledettamente Champions: spese folli e cambiamenti dell’ultimo minuto

Il “modus operandi” di Pep è maniacale ma non sempre il lavoro il ripaga. Almeno in Europa. In Inghilterra il City è ormai una corazzata lontana anni luce dagli storici rivali dello United o dall’Arsenal. Solo il Liverpool di Jurgen Klopp riesce a tenere il passo. In Champions League il succo è diverso: il Real Madrid di Carlo Ancelotti è sembrato di un’altra galassia. Ma perchè?

Storia, ambiente, prestigio, certo. Ma poi? Da quando è arrivato Guardiola la società ha speso la bellezza di 1 miliardo e 77 milioni di euro per allestire una rosa adatta agli schemi dell’allenatore catalano. Miglior risultato? La finale persa l’anno scorso contro il Chelsea. In quella gara, probabilmente, si sono visti maggiormente i limiti della concezione calcistica di Guardiola: durante tutto il torneo era stato schierato Rodri come mediano, un filtro tra difesa e attacco imprescindibile. All’ultimo atto contro i Blues, però, decise di lasciarlo in panchina, schierando praticamente cinque giocatori più che offensivi a centrocampo. Un cambio di carte in tavola che ha forse sballato i piani di tutti. E quella foto nel tunnel in cui i giocatori del City sono tutt’altro che concentrati ha fatto molto discutere. 

AAA: leader e gestione del cronometro cercasi

Un altro aspetto riguarda la mancanza di veri leader in squadra: l’ultima Champions vinta da Guardiola risale al 2011 e in spogliatoio c’erano giocatori come Puyol, Busquets, Villa, Xavi, Iniesta e Messi. Al Manchester City trovare un giocatore che si innalzi rispetto agli altri è difficile. I Blancos sono stati trascinati da Karim Benzema, i Citizens da chi? Guardiola è il leader ma purtoppo non può scendere in campo.

Infine, un altro eclatante elemento che ha portato alla disfatta del Bernabeu è stata la pessima gestione del tempo nei minuti finali. Prendere due reti al 91′ e al 96′ non è ammissibile: basta guardare come il Real Madrid, sebbene non sia stato un bellissimo spettacolo, abbia giocato con il cronometro nel secondo tempo supplementare. Una mentalità che Pep, nel bene o nel male, non riesce a trasmettere alle sue squadre.

Poteva entrare nel club degli allenatori con più finali e magari alzarla. Invece nemmeno quest’anno il Manchester City vincerà la Champions League. Le vittorie con i blaugrana sembrano essere irripetibili. Guardiola sorride in faccia alla malinconia: maledetto tempo e maledettamente Champions.

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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