Interviste e Storie

Grifo avvisa Gattuso: “Amo l’Italia, sono pronto a tutto per la nazionale”

Vincenzo Grifo con la maglia dell’Italia

Grifo e la nazionale, tra passato una speranza di ritorno. La nostra intervista al giocatore del Friburgo

Mentalità tedesca e cuore italiano, bastano due semplici immagini raccontare Vincenzo Grifo. L’attaccante del Friburgo è nato e cresciuto, calcisticamente e non, in Germania ma da sempre i suoi sogni sono a tinte azzurre. L’azzurro di una maglia tanto ambita e di un legame così viscerale da andare anche oltre le 9 presenze con la nostra nazionale.

Perché il suo attaccamento alle radici familiari è da sempre indissolubile: “Anche avendo vissuto 32 anni qua – racconta a Gianlucadimarzio.com la famiglia rimane italiana. A casa mia non ci sono cose tedesche: prendo prodotti italiani e mia moglie cucina solo all’italiana“.

Uno stile di vita che lo accompagna fin da piccolo: “A casa si parlava italiano, si mangiava italiano, ci si vestiva all’italiana. Qua avevo tutta la famiglia, anche i nonni dalla Sicilia e dalla Puglia. Ringrazio la Germania perché qua sto bene. Il cuore però batte per l’Italia: non ho dovuto nemmeno pensare a quale nazionale scegliere“.

E c’è un momento preciso in cui quei sogni prendono forma. A novembre 2018 arriva la prima chiamata dell’Italia, anche se per realizzare ci vuole un po’: “Non me l’aspettavo, credevo di essere su Scherzi a parte“.

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Grifo tra sogni e ricordi indelebili: “Dopo la prima chiamata tremavo, alla nazionale penso sempre”

Un cuore che batte solo per l’Italia, ma parlavamo anche di mentalità tedesca: “Bisogna avere la testa per non mollare mai ed essere felici di quello che si fa, orgogliosi di sé stessi e andando dritti per la propria strada. Ogni tanto gli italiani si perdono un po’, queste cose le ho imparate in Germania”. Ed è questa l’arma per inseguire quello che resta il suo obiettivo numero uno: “Amo l’Italia, ho il passaporto italiano e sono al 100% italiano. Quando Mancini mi ha chiamato la prima volta è stata una festa e quando gioca l’Italia mi metto sempre sul divano a vederla. La mia famiglia sa che il mio sogno è tornare in nazionale, spero di dimostrare di poter lottare per questi colori. Voglio continuare a fare bene fino a marzo e fare di tutto per tornare in nazionale. Un pochino ci penso sempre, lavorerò fino ai playoff e poi fino ai Mondiali per essere chiamato“.

Parlando di nazionale è inevitabile aprire il cassetto dei ricordi, tornando proprio a quella prima convocazione: “È stato possibile grazie a Evani, che mi aveva già visto in Under 21. Lui e Mancini volevano cambiare qualcosa, guardando giocatori anche all’estero. Quando è arrivata la prima email all’Hoffenheim tremavo. La prima volta a Coverciano purtroppo sono arrivato in ritardo, gli altri stavano già tutti mangiando. All’improvviso vedi giocatori come Chiellini, Bonucci, Insigne, Quagliarella, Jorginho e Verratti che ti danno la mano, io di solito li guardavo in televisione. In quel momento ho iniziato a credere in me stesso. La prima partita è andata molto molto bene, contro gli Stati Uniti a Genk. Mancini è stato molto contento e voleva vedermi un’altra volta, era un’occasione che non potevo farmi scappare“. Una chance anche per imparare dai migliori: “Bonucci e Chiellini ti facevano capire di amare il loro mestiere, lo facevano al 100%. Avevano già una certa età, ma avevano voglia di lavorare ogni giorno e di vincere, erano di un altro livello”.

Vincenzo Grifo, Friburgo (imago)

Un messaggio a Gattuso: “Farei di tutto per giocare ancora per il nostro Paese”

Era ancora semisconosciuto e allora non trovava spazio all’Hoffenheim. Ma il suo esordio non passa esattamente in sordina. Il suo numero, infatti, è il 10: “L’ho indossato con tanta ansia dato che era la prima convocazione. So cosa significa quella maglia per gli italiani. Era un’amichevole, Insigne non c’era, in quel periodo stavo facendo molto bene e mi hanno chiesto se me la sentissi. Mi sono preso questa responsabilità volentieri, per fortuna è andata bene“. Da lì saranno 9 le partite totali in azzurro, con 4 gol e 3 assist fino all’ultima convocazione nel marzo 2023: “In quei cinque anni ho giocato anche poco, avrei potuto fare qualche partita in più. Però sono molto contento di questi numeri. Ho ancora le magliette delle mie doppiette (contro Estonia e Albania, ndr) a casa dei miei genitori come ricordo”.

Dall’ultima partita contro Malta però cambia tutto e dopo l’addio di Roberto Mancini non verrà più chiamato: “Può essere che giocare in Italia ti porti ad avere un po’ più gli occhi addosso. Però penso che uno con questi numeri non dovrebbe essere penalizzato dal campionato in cui gioca: Retegui gioca in Arabia Saudita, ma fa gol e per noi è un leader. Mancini guardava anche agli altri campionati e per me è stata una cosa positiva“. Ma nella stagione in corso è diventato impossibile ignorare le sue prestazioni, con cui sta trascinando il Friburgo tra Bundesliga ed Europa League. Con già 9 gol e 3 assist da ala sinistra sta entrando sempre più nella storia del club. Numeri che da soli bastano per far arrivare un messaggio forte e chiaro: “Gattuso non l’ho mai sentito, ma il mio nome sicuramente lo conosce e avrà guardato qualche partita. Se devo mandargli un messaggio dico che io amo questi colori e che farei di tutto per giocare per il nostro Paese. Ho già indossato la maglia azzurra e so cosa vuol dire lottare per lei“. Ora la parola tornerà al campo, dove continuerà a rincorrere quel sogno.

A cura di Gianluca Di Marzio, Luca Bendoni, Simone Solenghi, Simone Bianchi, Simone Pagliuca e Gianluca Monaco 

 

 

Simone Solenghi

Nato nel 2003 e cresciuto a Piacenza, da sempre vivo a San Nicolò, il paese degli Inzaghi. Mi accomuna a loro la passione per il calcio, nata dalla prima volta in cui andai allo stadio con mio nonno. Con la palla non ho la stessa qualità, quindi ho preferito passare dal campo alla tastiera. Dalle telecronache delle mie partite alla playstation sono così passato ai primi articoli su Serie C e D. Il racconto dello sport mi affascina da sempre, ora sogno di farne il mio lavoro.

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