Duro lavoro, fiducia negli uomini e affetto reciproco. ‘Siamo una grande famiglia, chi arriva qui poi non se ne vuol più andare…’. Lo sa bene Edoardo Gorini, alla quattordicesima stagione nel Cittadella. Era il 2007… “Come vola il tempo…”. Giocatore, allenatore delle giovanili, collaboratore tecnico, vice di Venturato e dalla scorsa estate allenatore della prima squadra. Idee innovative, calcio moderno e ottimi risultati: 20 punti in 13 giornate, a ridosso della zona playoff…
Citta-della-fedeltà. Arrivi al Citta e non riparti. Città (con l’accento) a misura d’uomo, qualità della vita top, strutture all’avanguardia e soprattutto armonia. Avete presente quelle aziende che si vedono nei film in cui tutti si svegliano alla mattina felici e contenti di andare a lavorare? Presto detto… il Citta! Gorini dal 2007, il vice Musso dal 2000, il preparatore dei portieri Pierobon da una vita, il ds Marchetti uguale, il preparatore atletico Redigolo da vent’anni, lo staff tecnico tutto e poi, da ultimo, Iori, ora alla guida della Primavera… “La cosa bella di conoscerci da così tanto tempo è che viene tutto naturale, con leggerezza, siamo prima di tutto un gruppo di amici. Ognuno sa ciò che deve fare e lo fa al massimo perché sa che il collega alias amico accanto a lui farà lo stesso e con altrettanta dovizia. E’ una società che ha dei valori importanti, che ha costruito una struttura solida attraverso poche e semplici regole: lavoro, rispetto e armonia. Al Citta c’è davvero possibilità di fare calcio, perché ti lasciano sbagliare, ti danno fiducia, in primis sotto il profilo umano. E quando percepisci armonia nell’ambiente, lavori meglio…”.
Voce sicura, modi posati. Ordinato e sincero, Gorini. Proiezione perfetta del mondo Citta. Vive un sogno, sì. Ma con sano realismo… “Quando questa estate il direttore Marchetti mi ha chiamato per affidarmi la panchina della prima squadra quasi non ci credevo. Per due o tre notti non ho chiuso occhio! Un mix di emozione e responsabilità. Sana responsabilità sì perché, essendo qui da tanti anni, so quanto la gente ci tenga, quanto soffra per le sconfitte. Mi reputo una persona fortunata perché davvero per iniziare il percorso da allenatore non c’è posto migliore di questo!”.
C’è attaccamento forte, simbiosi totale. Tutti insieme. Nella brutta e nella cattiva sorte. Un matrimonio collettivo: fedeltà… “Pensa, il magazziniere vive così tanto le partite che ogni volta lascia il campo dieci minuti prima, va nello spogliatoio e accende il phon per non sentire boati o altro. A Frosinone sono stato espulso a cinque minuti dalla fine e ci siamo ritrovati nello spogliatoio con lui che mi parlava di altro pur di non sapere il risultato… Alla fine è andata bene, quindi ha dovuto spengere il phon (ride)”.
Armonia e leggerezza. Come in campo, 4-3-1-2, pressing e verticalità. Squadra sempre compatta, bella da vedere… “Mi piace molto la verticalizzazione e il pressing alto, rubare palla nella metà campo avversario per far subito male con i tanti giocatori di qualità che abbiamo. Ciò che non mi piace è il possesso palla in sé, quello sterile. La palla si gioca in avanti. L’obiettivo è far gol, no? (sorride) E allora a cosa serve fraseggiare all’indietro? Si gioca in avanti, senza paura e se si sbaglia una verticalizzazione o un dribbling non importa. Parliamo pur sempre di un gioco e come tale la gente vuol divertirsi…”. Si diverte la gente. Si divertono i giocatori. 4-3-1-2 vero: Antonucci, Okwonkwo, Baldini. Mica male! “Perché i giocatori di qualità devono giocare…”.
Poche parole, quelle che servono. E tanti fatti. La semplicità alla base dell’armonia… “E’ passato un terzo di campionato e siamo contenti del percorso che stiamo facendo. Pensiamo partita dopo partita, ragioniamo sempre sul presente, senza voli pindarici. Non serve. Coinvolgere tutti e farli sentire come a casa, il resto ce lo dirà il campo…”. Non ci sono segreti, qui. Nella citta-della-fedeltà…
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