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L’Arciere (palermitano) che Palermo non ha mai voluto: Calaiò, tre ‘frecce’ sognando un’altra promozione

Trentasei anni e dieci maglie diverse. Dalla Sicilia al Piemonte, un viaggio continuo dal denominatore comune: il gol. Lui, nato a Palermo ma mai con il rosanero sulle spalle. Perché con quei colori Emanuele Calaiò non ci ha proprio mai giocato. Ironia della sorte, tipico scherzo del destino. Catania e Messina, alla sua città si è avvicinato ma non ci è mai arrivato. In inverno il suo nome è stato accostato alla squadra di Zamparini, ma alla fine è rimasto a Parma. E dopo stasera, da quelle parti, si staranno mangiando le mani. Tre gol segnati, decisivi. Una tripletta con cui il Parma ha vinto per la terza gara consecutiva, consolidandosi al quarto posto della classifica. La promozione è il sogno. E l’Arciere sa come si fa. Sarebbe la quarta dopo quelle ottenute con Torino, Siena e Napoli. Motivo in più per scatenarsi nella fase caldissima della stagione, quando i punti pesano e la palla inizia a bruciare.

E’ arrivato il sesto gol nelle ultime otto partite per Calaiò. Età? 36 anni, che però sembra non sentire. Ci sono solo due cose che non tornano mai indietro, una freccia scagliata e un’occasione perduta; il suo motto, la sua carica. La sua esultanza era nata una sera a Napoli, a cena con gli amici. Era stanco di festeggiare con il ciuccio o la classica mano alle orecchie. Serviva qualcosa di più specifico e lo ha trovato nell’arco. Come Cupido, con la sola differenza che lui fa innamorare i tifosi. Le frecce le ha anche sul polpaccio, con tanto di iniziali di moglie e figli. Stasera ci ha preso gusto, perché ne ha scagliate tre. Due nel primo tempo, una nella ripresa. A guardarlo in tv, probabilmente, anche mamma Rosaria e papà Giovanni. O forse saranno andati a vederlo, come in quel lontano sei gennaio del 2000 quando esordì in Serie A, due giorni prima di compiere 18 anni. Dall’altra parte la Reggina e, alla fine, Reggio Calabria non è poi così distante.

Morale della favola? Allo stadio sono in quindici fra amici e parenti, tutti ad applaudirlo quando entra in campo al posto di Fabio Pecchia. Un sogno che si avverava dopo sudore e sofferenze. Gli inizi con la Panormus e le lacrime a Cosenza, la prima volta lontano dalla famiglia. A consolarlo la sorella, che lo sprona a non mollare, a non tornare nella sua Palermo, ad andare dritto per la sua strada. Quella che a 23 anni, dopo l’esperienza a Pescara e le tante offerte dalla A, lo porta a Napoli. In Serie C, perché dei soldi gli è sempre importato relativamente, sicuramente meno rispetto ai progetti. E quel Napoli era ambizioso eccome. 44 gol in 134 partite, cinque anni indimenticabili. La rete contro il Perugia, le esultanze sotto la Curva A, la doppia promozione e il pullman scoperto fino alle sei del mattino. Una casa al Vomero dove si vuole trasferire una volta appese al chiodo le scarpette, perché: “Al Sud piangi due volte, quando arrivi e quando parti”.

La gente lo saluta e lo ringrazia sul lungomare. Già, il mare… quell’azzurro che sempre ritorna nella sua vita. In tante sfumature, eccezion fatta per quella della Nazionale. Ci va vicino ai tempi del Siena, poi si rompe il perone e non se ne fa più niente. Adesso è un po’ troppo in là con l’età. Intanto, però, continua a segnare, a divertirsi e a far innamorare. Continua a scagliare frecce. 12 gol e tre assist in 25 partite in questa Serie B con un Parma che vuole risalire. Ma al centro dell’attacco gialloblù c’è sempre lui. L’Arciere di Palermo che con il rosanero non ha mai giocato. E che oggi ha fatto piangere, sognando la A.

Simone Golia

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