Ripartire è l’imperativo, farlo dai settori giovanili deve essere il punto di partenza. Fare di necessità virtù. Anche se la situazione è preoccupante e i numeri al momento non fanno ben sperare. L’allarme suona forte e chiaro: bisogna intervenire, prendere provvedimenti e ricostruire.
È possibile che in una generazione come quella attuale non escano giovani all’altezza? No. Il problema è alla base. Gli italiani in Serie A trovano meno spazio rispetto ai giovani delle altre nazioni impiegati nei top campionati europei. Il Cies, l’osservatorio del calcio internazionale, ha indicato i 100 calciatori Under 20 più utilizzati nelle principali leghe professionistiche del mondo. Al cospetto dei vari Pedri, Greenwood e Grevenberch, non c’è né nessun italiano né nessun calciatore che gioca in Serie A. Numeri che non possono non far riflettere.
Questione di fiducia e di pressione. In Italia il leit motiv è sempre lo stesso: si fatica a lanciare i giovani e manca la possibilità di sbagliare. Assenza di continuità. Dopo tre o quattro partite si arriva subito a dare un giudizio e a bollare i ragazzi. Negli altri paesi si dà tempo e spazio. E la percentuale di minutaggio dei giocatori cresciuti nel vivaio delle squadre nei maggiori campionati del mondo né è la foto più chiara: comanda l’Argentina con il 29,4%, seguono la Liga (17.5%) e la Ligue 1 (11,6%). Chiude la Serie A con il 7,4%. Dati che emettono sentenze.
Nei giorni scorsi ne ha parlato anche il ct dell’Under 21 Nicolato. “Negli altri paesi i giovani vengono lanciati con maggiore facilità”. Dato di fatto. Lo ha detto anche Fagioli – centrocampista della Cremonese, di proprietà della Juventus – che “in Italia la gestione dei ragazzi è diversa e si sente”. I risultati poi parlano da se. Ciò che va cambiata è l’impostazione, a cominciare dai giovanissimi e dalle scuole calcio. Magari imparando dai paesi che sono più avanti di noi.
Punto chiave del problema è la situazione dei settori giovanili. Cosa è cambiato negli ultimi anni? Succede che oltre il 40% dei giocatori del campionato Primavera – se si contano i calciatori che hanno un contratto professionistico – viene dall’estero. Anche per blindarli. E i nostri giocano invece nei campionati minori e vengono inglobati nelle serie inferiori spesso senza avere una possibilità concreta in Serie A. Troppo spesso si preferisce uno straniero affermato a un giovane. Non si ha più licenza di sbagliare. E questo non può fare altro che farci pensare. Urge intervenire.
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