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Pingitore, dalla Lazio alla Prima Categoria: “Il calcio mi ha deluso”

“Piuttosto che illudermi ancora con il calcio, ho capito che sarebbe stato meglio dedicarmi allo studio e al lavoro per assicurarmi un futuro concreto”. Gioele Pingitore è nato nel 2002, non ha ancora compiuto 19 anni, ma ha già la maturità di un adulto.

Cresciuto per sette anni nelle giovanili della Lazio, ha deciso di non rincorrere un’illusione e, inserito nel 2019 in lista di svincolo dal club per cui ha sempre fatto il tifo, oggi ha cambiato vita: “Sono un piccolo imprenditore digitale. Ho un’agenzia di social media marketing e lavoro per un’altra molto importante a Roma. Mi occupo di e-commerce, il futuro di questo settore”, racconta a gianlucadimarzio.com.

Una scelta coraggiosa e presa con grande senso di responsabilità. Hanno inciso due fattori: “La pandemia, che ha costretto a smettere anche molti miei ex compagni, e la poca fiducia nei giovani italiani”.

Il calcio è rimasto soltanto una passione. Dopo un’esperienza al Trastevere in Serie D, Pingitore ha accettato la proposta del direttore sportivo del Casal Bernocchi Paolo Rotoloni ed è ripartito dalla Prima Categoria tra i dilettanti della periferia romana: “Lasciata la Lazio, è stato difficile trovare una squadra che potesse fare al caso mio. Mi sono demoralizzato e ho deciso di lasciare tutto”.

Il percorso

Al pallone tra i piedi si è sostituito un computer tra le mani. Così è cambiata la sua prospettiva: “Nella mia vita ho messo in secondo piano famiglia, scuola e amici. Per un giovane sono sacrifici difficili, ma fare il calciatore era il mio sogno”.

Un viaggio iniziato da bambino e proseguito fino all’Under 17: “Entrai nella scuola calcio in quinta elementare. Poi è arrivata l’attività agonistica, i derby con la fascia da capitano e i primi tornei internazionali. Ho viaggiato in tutta Italia e sfidato le grandi squadre della Serie A. L’ultimo anno ho giocato quasi venti partite da titolare, siamo arrivati a un passo dalle finali”.

Lo stesso percorso del fratello Giacomo, difensore come lui e cresciuto con il vincente gruppo dei ’96 di Simone Inzaghi: “Quello di Guerrieri, Murgia e Palombi”.

Dopo tante partite giocate in coppia, Gioele invece è rimasto un grande amico di Damiano Franco, centrale della Primavera spesso aggregato alla prima squadra. Proprio come Nicolò Armini, più grande di un anno e diventato in casa Lazio oggetto di discussione per lo scarso impiego nonostante l’emergenza difensiva: “Un giocatore di ottima prospettiva e grande personalità, ma il club non ha fiducia nei suoi giovani”.

I giovani

Un tema sempre delicato. Anche se l’arrivo di un professionista come Mauro Bianchessi sta portando i primi risultati, almeno a livello giovanile: “Con il direttore abbiamo avuto un confronto continuo: mi ha convinto a rimanere e le cose l’ultimo anno sono andate bene. Ha sempre nutrito grande stima per me a livello calcistico, ma soprattutto umano. Sono sicuro che dietro ci sia un ottimo progetto, eppure manca ancora un ultimo step”.

Pingitore, nella sua analisi, parla allo stesso tempo da ex giocatore e da tifoso: “Spero che in futuro possano essere date più opportunità ai giovani cresciuti nel vivaio piuttosto che a chi, per tanti soldi, è arrivato qui solo da un anno”.

Anche per questo le sue soddisfazioni se le tiene ancora più strette: “Ho sfruttato le occasioni avute con grande determinazione e giocato sette anni con la squadra che ho tifato fin da piccolo, meritavo solo un’altra fine…”. La dura battaglia dei giovani italiani.

Gabriele Candelori

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