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Gianfelice Facchetti: “Tra Atalanta e Inter, la mia vita in nerazzurro. Pioli ha sistemato le cose”

Saranno in 60 mila a San Siro, con l’Europa a fare da sfondo in un pomeriggio da grandi. Inter-Atalanta sarà una delle partite più importanti di questa 28a giornata di Serie A. Pioli e i suoi sono pronti all’operazione sorpasso. Dall’altra parte, però, i ragazzi di Gasperini hanno l’occasione di mettere un altro mattone verso il sogno, contro una diretta concorrente. Sarà una partita molto particolare anche per chi, come Gianfelice Facchetti, ha vissuto fin qui una vita tutta a tinte nerazzurre. Molta, moltissima Inter, questo è vero, ma anche con qualche sprazzo di Atalanta. Intervistato da la Gazzetta dello Sport, infatti, il figlio del grande Giacinto ha raccontato: “Ho passato quattro anni nelle giovanili dell’Atalanta. Due con i Giovanissimi, due con gli Allievi. Esperienza interessante, formativa. Una palestra di vita, lo spogliatoio, le rinunce, i sacrifici. Prandelli? Ho trascorso un anno insieme a lui, andava oltre all’apparenza, gli orecchini, i capelli lunghi. Aveva capacità di dialogo. L’opposto del modello militaresco che faceva tendenza nei settori giovanili: il duro, il sergente di ferro“.

E se il padre è stato uno dei laterali più innovativi e decisivi nella storia del calcio, Gianfelice era un promettente portiere: “Esplosivo, puntavo sulla forza. I miei modelli? Un po’ tutti, da Bordon a Zenga. Ho imparato moltissimo da Pizzaballa, il preparatore, ma il riferimento era Preud’homme. Ho capito che non avevo le motivazioni giuste. E poi anche tra i dilettanti c’erano cose che non mi piacevano. Allenatori e d.s. che scimmiottavano quelli delle società importanti. Dinamiche che non capivo. Papà? Non ha fatto una piega, sapeva che non avevo la sua determinazione. Il mio cognome ha pesato poco, papà era discreto e riservato, rispettoso degli altri, non imponeva scelte o idee. Preferiva nascondersi. Ricordo che lavoravo in una sera e ogni tanto andavo ad allenarmi con Castellini ad Appiano, ma mi cambiavo di nascosto in macchina. Non volevo farmi vedere. Capisco però che avere un cognome importante è rischioso, ti spinge a strafare, a dimostrare quello che non sei“.

Giacinto. Un calciatore straordinario, un uomo di un livello altissimo. Valori e insegnamenti che Gianfelice non ha dimenticato: “Da lui ho imparato il rispetto per gli altri. Ripeteva che l’Inter era la casa di tutti e che bisognava entrarci in punta di piedi. Per esempio ci aveva educato a non chiedere le magliette dei giocatori“. Il legame con il campo, comunque, non si è completamente spezzato, dato che suo fratello Luca è il vice di Vecchi nella Primavera nerazzurra e con una breve parentesi in Prima Squadra nell’interregno tra de Boer e Pioli: “Un’emozione indescrivibile, perché Vecchi e mio fratello Luca sono arrivati in un momento molto delicato subito dopo l’esonero di de Boer. La gara col Southampton e soprattutto quella col Crotone potevano condizionare il resto della stagione. Poi con Pioli le cose si sono sistemate. Se fosse arrivato prima probabilmente le cose sarebbero andate in modo diverso. Mancini ci ha fatto un brutto scherzo, poi la società ha sbagliato ad affidarsi a un allenatore straniero che non conosceva il nostro calcio. Non sono sorpreso da Gasperini, si sapeva che è un ottimo allenatore. Con l’Inter non ha avuto fortuna, ma non c’erano le condizioni per esaltare il suo lavoro. Con lui non ci sono vie di mezzo. Quest’anno ha avuto un inizio difficile, ma per uscire dal momento critico ha avuto coraggio a puntare su giovani. Mi piace il suo gioco: veloce e spettacolare“.

La sfide fra le due che non dimentica Gianfelice? “L’Atalanta­-Inter 0­-2 col primo gol di Balotelli in A (6 aprile 2008, ndr). Si vedeva che Mario era una forza della natura. Pronostico? Vince l’Inter 2-­1: gol di Icardi, Gagliardini e Petagna. Ma vedo molto equilibrio“.

Redazione

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