Si dice che il tempo é galantuomo, che le ferite con il passare degli anni si rimarginino. Possono confermare Mou e Sheva, oggi avversari a Marassi, che però hanno deposto l’ascia di guerra e si sono scambiati un grande abbraccio in campo prima del fischio d’inizio. Sorrisi e tanto entusiasmo per l’esordio di Sheva da allenatore.
“Mourinho è un grande allenatore, il suo arrivo in Italia ha aumentato il blasone della Serie A”, aveva detto Shevchenko durante la sua conferenza di presentazione in rossoblù. “É stato uno dei grandi del suo tempo, peccato per gli infortuni”, fu la risposta dello Special One. Rispetto e parole al miele, ricordando gli anni londinesi passati insieme. Anche se tra i due le cose non sono sempre andate per il verso giusto, tra incomprensioni e frecciatine a distanza.
Mou e Sheva hanno lavorato insieme solo un anno, nel 2006-2007 ed è bastato per farli allontanare. Il primo a Londra era il re, il secondo era un campione che arrivava in blues da star. Feeling non scattato. Caratteri diversi, opposti forse, ma non si attraggono mai. Nel 2007 Mou, rispondendo a un tifoso che gli chiese dove fosse la stella Shevchenko, mimò uno swing e si mise a ridere: chiaro riferimento alla passione per il golf dell’ucraino. La provocazione fece il giro del mondo. Lo stesso Sheva il giorno del suo addio ai blues disse che il suo flop era “colpa della gestione Mourinho”, oltre che degli infortuni. Non si sono mai amati, decisamente no.
Sheva arrivò in blues per volere di Roman Abramovich. C’era un legame tra i due e il patron del Chelsea stravedeva per quel 7 ucraino. Elegante, veloce e concreto. In una parola: completo. Arriva a Londra per 45 milioni di euro, dopo che un paio di tentativi di Abramovich erano andati a vuoto negli anni precedenti. Stavolta si fa. Ma Sheva entra tanto nelle grazie del presidente, quanto poco in quelle di Mourinho. Josè era già “special one” e avrebbe fatto volentieri a meno del centravanti ex Milan. Aveva altri pupilli, Lampard miglior marcatore in entrambe le vittorie in Premier del portoghese (2004-2005 e 2005-2006) e Didier Drogba. Non può esserci una “star” quando in panchina siede uno special come Mou. Almeno con Sheva è andata così. Storia di un feeling mai nato che stasera si è chiuso con un grande abbraccio e una stretta di mano.
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