Ore 17:15. Venezia-Genoa è finita da un pezzo, il Penzo si svuota e la domenica di Serie A scivola via. Restano solo loro, compatti: i 700 tifosi rossoblù giunti in laguna. Non hanno ancora smesso di cantare. Non hanno nessuna intenzione di farlo. Da Ghiglione a Calafiori, il manipolo di giocatori del Genoa che non è sceso in campo contro gli arancioneroverdi sta completando il riscaldamento di rito sotto il settore ospiti.
E loro lo incitano come fosse nel pieno della bolgia, sull’ultimo pallone dell’ultimo minuto. “Sempre Genoa carica”, è il mantra che arriva dagli spalti. Dopo tutto, ai ragazzi di Alexander Blessin – l’1-1 di oggi non avvicina all’obiettivo – serve un miracolo. Una scossa. Il popolo genoano applaude. Poi dice la sua.
È un coro incessante, indemoniato. A un certo punto irrompe lo speaker Penzo: “Si invitano i tifosi ospiti a procedere verso l’uscita. I vaporetti per la terraferma stanno per salpare”. Ma in quello spicchio di stadio, il match è ancora tutto da giocare. E pazienza se l’intero Genoa ormai è in partenza. Secondo avviso dagli altoparlanti. Ancora niente. Il cielo si fa scuro, imbrunire d’inverno. Solo l’intervento degli addetti alla sicurezza inizia a spegnere lentamente la musica. La massa. Con ordine e qualche sbuffo, i supporter del Genoa iniziano a defluire.
Va bene così. Il messaggio a Destro e compagni è arrivato forte e chiaro. “Mi è venuta la pelle d’oca a sentirli cantare in quel modo”, ha ammesso Blessin nel postpartita. “Ringraziarli al fischio finale era il minimo da parte nostra. E loro poi hanno continuato a incitarci”. Se questo è davvero l’annus horribilis del Genoa – una sola vittoria su 26 partite –, dall’atmosfera attorno ai rossoblù proprio non si direbbe. È uno schiaffo alla narrativa delle contestazioni, dei fischi, dei silenzi pesanti. E sembra essere trascorsa un’era geologica da quando, molti di quelli stessi tifosi, soltanto dieci anni fa violavano l’andamento di una partita – in casa contro il Siena, 1-4 e 45’ di sospensione – pretendendo le maglie dei propri giocatori. Immagini orribili, lontane.
Alla fine, quell’anno il Genoa riuscì a salvarsi. Oggi è tutto da vedere. Ma fuori dal campo tira aria di festa. Di vita. “Comunque e ovunque”, recita uno striscione. Pace fatta col passato, rabbia in archivio. E il Penzo rimbomba ancora.
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