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Gattuso: “Milan? Dopo tanti anni torna a casa, l’Europa: giusto festeggiare”

Rino Gattuso e il Milan, dove eravamo rimasti? Nel 2012 la dolorosa separazione, con il passaggio al Sion alla scadenza del contratto. Ieri la proposto di guidare la Primavera dei rossoneri: ritorno a casa. “Sono stati due anni di lavoro intenso: nel campionato scorso è stato compiuto un piccolo miracolo sportivo” – ha dichiarato Gattuso nel corso di un’intervista concessa al Corriere della Sera “In questa stagione ho lavorato in condizioni assurde ma devo ringraziare la città e i tifosi che ci sono stati vicini. I risultati vanno di pari passo con la presenza di una società forte alle spalle. Festeggiamenti per il sesto posto? Be’ dopo tre anni l’Europa è un risultato importante: il Milan torna a casa. Non era scontato che avvenisse. È stato compiuto un buon lavoro, ha vinto anche la Supercoppa Italiana”.

Sulla gestione precedente: Berlusconi ha dimostrato che oltre ai soldi contano la storia, il senso di appartenenza, i valori da tramandare. Maldini? Mi dispiace che non ci sia per il rispetto che ho per lui. Paolo è il Milan, ma non conoscendo le dinamiche non giudico”. Sull’Inter: “I nerazzurri stanno vivendo quella fase di transizione che è già capitata allo United, al Chelsea o al Liverpool. La verità è che rinnovare si paga. I successi, come è stato per il nostro Milan o per la Juve attuale, si costruiscono con lo stesso blocco di 8-9 giocatori che stanno tanto tempo insieme. Cambiare ogni anno 10-12 giocatori rende arduo il compito del tecnico: fa bene la Juve che inserisce solo 2-3 campionissimi in un tessuto collaudato. Poi che i presidenti siano in un altro continente conta fino a un certo punto perché certi valori li trasmettono i dirigenti che vivono la sede o il centro sportivo”.

Roma, Napoli, Inter, Milan ancora lontane dalla Juve: “Il gap dalla Juventus rimane ampio. È l’esempio da seguire, non sembra nemmeno una squadra italiana, ora ha un respiro internazionale. Fa un mercato intelligente e ha lo stadio di proprietà: spero che vinca a Cardiff perché sarebbe fondamentale per il nostro sistema calcio. Allegri? Max era già bravo a gestire lo spogliatoio ai tempi del Milan. Non si piange addosso, finge di non vedere e vede tutto e poi ha avuto la grande intuizione tattica del 4-2-3-1″. Su Buffon: “Pallone d’Oro? È un premio che lascia il tempo che trova visto che fuoriclasse come Baresi o Maldini non lo hanno mai vinto. Mi auguro che Gigi lo conquisti, ma non come conseguenza di un successo in Champions ma perché in 20 anni ha vinto tanto e di cappellate ne ha fatte poche”.

Modello in panchina? “Ancelotti, Lippi e Conte sono i miei punti di riferimento ma in questo lavoro non si può scopiazzare. Non c’è un modello vincente. Con il tempo sono diventato più riflessivo, dopo tre anni tra Creta e Pisa vissuti borderline: volevo fare un mio percorso senza che nessuno mi regalasse niente. A casa sui libri si impara poco, si cresce prendendo legnate in panchina sui denti”. Berlusconi e Zamparini, presidenti “vulcanici”: “E c’è anche Constantin, il presidente del Sion. Berlusconi era ingombrante come figura ma non invadente. Zamparini conosce di calcio ma quando perdi 1-2 partite non ha pazienza e ti caccia subito. Con lui ho discusso per le formazioni: certo, se ti assumi la responsabilità di far giocare uno e poi i risultati non arrivano vai a casa. Constantin si metteva alla lavagna e disegnava gli schieramenti”.

Redazione

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