“Il calcio è la mia libertà d’espressione. Mi ha permesso di essere quello che sono, qualcosa di non definito. È stato una salvezza per me dal punto di vista emotivo, il mio personale linguaggio per comunicare”. Nelle note della voce la consapevolezza di un uomo che ha trovato la sua piena maturità. Alle spalle le colline bresciane, lì dove l’orizzonte è casa per Francesco Galuppini: “Hai visto quanto è bello? Ci vengo spesso, trasmette pace”. Quella pace interiore e calcistica che il numero 14 del Mantova ha conosciuto e costruito. Una inquietudine e un’irrequietezza anarchiche proprie di un estro che ha trovato il suo posto nel mondo. Anzi, i suoi posti nel mondo: Elisa e il Mantova. A poche settimane di distanza la promozione in B e il matrimonio. “Qualcosa di inimmaginabile” quello scritto all’ombra della curva Te. Un progetto di vita con la donna, e presto sposa, “che mi ha aiutato a diventare uomo”.
Un talento insofferente alle convenzionali classificazioni. In campo ai ruoli preferisci interpretare spazio e tempo. Francesco è semplicemente… Francesco. “Non potrei essere diversamente. Ho i miei valori e la mia morale e forse mi è costato. Non scenderei mai a compromessi”. È un ragazzo diventato grande, è un carattere particolare, la “galuppata” che ha fatto esultare una città intera, la commozione negli occhi per i suoi nonni e l’affetto per la mamma. È, anche, naturale fantasia con un pallone tra i piedi. Quel pallone che è “libertà di espressione”.
Siamo tra Cellatica e Brescia. Un pallone rotola per le strade: “Ho iniziato così, giocando con mio fratello più grande”. Il Lumezzane, la Primavera della Samp con Mauro Icardi, e di nuovo Lumezzane. È un percorso fatto di tappe, una crescita che ha vissuto diverse curve, perché i rettilinei non sempre sono disponibili. E forse, è meglio così. C’è stata l’esperienza della Serie D in cui “la paura che il calcio non possa essere il tuo futuro si paventa”, il ritorno tra i professionisti e l’arrivo a Renate grazie all’allenatore nerazzurro del tempo, Aimo Diana, suo vecchio compagno: “Sei solo al 30% del tuo reale potenziale“. Gol, estro, le amicizie con Maistrello, Silva, Anghileri e Possenti: il talento diventa consapevole… del proprio talento. Galuppini diventa Galuppini, un po’ di più.
“Forse avrei potuto fare qualcosa di più, ma quello che ho visto con Possanzini è che dipende anche da chi incontri e quando lo fai. Allenatori e persone come lui, per quanto ti danno, fanno la differenza. Molti allenatori o addetti ai lavori giudicano e basta. Il giocatore va capito”. E non sempre per Francesco è stato così: “La difficoltà più grande è l’essere stato etichettato per il mio carattere. È vero, posso avere un carattere particolare, ma in spogliatoio sono sempre stato un fattore positivo”. Coerente con sé stesso: “Io cerco e voglio che sia detta sempre la verità. Poi dentro la verità ci discuto, al di fuori no. Questo è un mondo in cui spesso le cose vengono nascoste”. Fedele al proprio essere: “Non potrebbe essere diversamente. Ho i miei valori e la mia morale e forse mi è costato. Ma mi ha ripagato quando ho incontrato persone vere come quest’anno. Non è un rimpianto, ma un orgoglio. Io sono questo e continuerò a esserlo. L’onestà ripaga”.
E forse la vittoria di un campionato da protagonista e riferimento e la conquista della Serie B era giusto che arrivassero quest’anno. Forse doveva arrivare a Mantova a questa età. Per le persone presenti al suo fianco e per la maturità umana e calcistica raggiunta da Francesco. Perché la vita di ognuno è fatta di momenti e spesso le cose arrivano quando siamo pronti per accoglierle e comprenderle. E così è stato per Galuppini. Una B sognata, accarezzata, voluta. “Questa promozione è arrivata nel momento giusto e della mia massima maturità”. Doveva vincerla così. Da protagonista e con un progetto che fosse fondato su idee e valori umani: “Mi sono potuto esprimere a questo livello grazie alle persone che ho trovato e che mi hanno capito”. Uno spogliatoio in cui tutti sono stati “disposti a fare un passo indietro sull’io e uno avanti sul noi”. E un incontro che cambia una carriera: “Possanzini, una persona vera. Lui e il suo staff mi hanno compreso in tante situazioni”. Un allenatore diverso mosso dalla “forza delle sue idee e dalla credibilità con cui le trasmette e la coerenza con cui le segue”. E la storia è stata scritta: “Qualcosa di inimmaginabile”.
Il ragazzo è diventato uomo. E lo ha fatto anche grazie a chi in questo viaggio lo ha accompagnato. Ne hanno condiviso difficoltà, pause, conquiste. Domenica 7 aprile 2024. Il Mantova, dopo il pareggio del Padova, sta festeggiando in hotel la vittoria del campionato. Istanti in cui rivivi tutto. Tutto quello che è ed è stato. Francesco è seduto su un divano in videochiamata con la mamma. Delle lacrime colorano il volto. “Ce l’abbiamo fatta”. “Mi ha sempre seguito e sostenuto. C’è un rapporto unico. Mi ha aiutato molto in questi anni, questa soddisfazioni sono anche sue perché non è stato facile”. E i nonni: “La mancanza più grande che ho. Soprattutto con il matrimonio… ci tenevo che ci fossero, erano i miei punti di riferimento”. Già, il matrimonio con la sua Elisa: “Mi ha fatto crescere e diventare l’uomo che sono. Ha cambiato la visione del mio mondo. Prima di lei ero più chiuso, meno maturo. Ha riempito mie lacune, mi ha insegnato ad aprirmi. È quella persona pura e leale che avevo aspettato e con lei sono ancora in debito per quanto ha fatto per me”.
“Il calcio è stata una valvola di sfogo e la mia libera espressione. Questa libertà l’ho portata poi nel modo di giocare. In campo sono me stesso”. Francesco e il calcio si sono incontrati subito. Si sono conosciuti, abbracciati. L’uno è stato compagno fedele dell’altro. Il pallone come parola o penna per comunicare il proprio sé e le proprie emozioni. Il modo più spontaneo e puro. Un disegno dell’anima. “Non direi nulla al Francesco del passato. Si è sempre comportato nel modo giusto per il momento in cui era e per quello che si sentiva. Sono sempre stato me stesso. Non ho rimpianti. Francesco è questo, nella sua maturità e nei suoi cambiamenti”. Un viaggio nel e con il calcio. Una casa, un rifugio, un amore. Un percorso di vita in cui poter esprimere e raccontare sé stesso.
E nella vittoria di Mantova la crescita calcistica e personale si sono unite nella loro massima maturità. Ecco perché non poteva accadere in un altro momento o in un altro luogo. Lì, dove si è espresso nel pieno della sua fantasia. Uno spirito libero che aveva bisogno di tornare a sentirsi tale. Libero di pensare e giocare il suo calcio. Libero, come quel 14 che l’ha ispirato: “La 10 ce l’hanno tutti… La 14 è per Cruijff, mi ritrovavo nella sua libertà”. 14 come il numero di maglia, come i gol nell’anno della promozione, come il giorno del suo matrimonio e del rinnovo ufficializzato con il Mantova. Destino? C’è chi ci crede e chi no, non importa. Contano le emozioni e le esperienze. Uno sguardo al cielo per i nonni, un abbraccio alla mamma, una galuppata per il Mantova, un bacio alla sua Elisa. “Il mio canto libero, sei tu”.
Michele Trombetta torna in Kings League e vestirà la maglia dell'Italia per la Kings World…
Le dichiarazioni di Patrick Vieira in vista di Genoa-Napoli. Dichiarazioni anche sul nuovo proprietario Due…
Il centrocampista non è mai sceso in campo in stagione con i bianconeri. Per lui…
“Per fermare quel bambino serve il motorino”, commentano unanimi i genitori sulle tribune dei campi…
L'avvocato statunitense, in passato CEO della Roma, sarà il nuovo amministratore delegato con la nuova…