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Frosinone, alla scoperta del “Generale” Charpentier: “Esulto come Benzema e parlo in francese con Grosso”

Forse non tutti lo ricordano, ma Fabio Grosso in carriera ha giocato tra il 2007 e il 2009 in Ligue 1, all’Olympique Lione, dove per forza di cose ha dovuto imparare un po’ di francese. Nello stesso periodo, poco meno di 500 chilometri più a nord in Francia, dava i primi calci al pallone Gabriel Charpentier, oggi attaccante fidato dell’allenatore del Frosinone. 

“Vedevo calcio dappertutto e ci ho provato anche io”

A L’Haÿ-les-Roses, piccolo comune appena fuori Parigi, Gabriel André Joseph Ossombi (questo il suo nome completo) si stava piano piano innamorando di questo sport: “Vedevo calcio dappertutto, in quella città tutti giocavano ovunque, a scuola, per strada e allora ci ho provato anche io” ha raccontato ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Lui in realtà è nato in Congo, a Pointe-Noire, dove papà Andrè era andato per lavoro – possedeva delle aziende agricole e degli animali – incontrando poi Ossombi, la mamma del calciatore. 

La parentesi in Lettonia

Dopo la sua nascita la coppia è tornata insieme in Francia e una volta cresciuto Gabriel ha passato la sua adolescenza nella squadra dell’Issy-les-Molineaux, un quartiere poco distante da quello che abitava. Non sa quando di preciso, ma si fa notare dal Nantes: “Degli osservatori avevano chiamato la società per avvisare che sarebbero venuti a vedermi, io avevo segnato 20 gol solo a metà stagione quell’anno e mi hanno preso”. Era il 2018 e dopo quasi due anni tra giovanili e team B, poco dopo la tragedia di Emiliano Sala “con cui ho parlato e mi sono allenato qualche volta in prima squadra” – con cui tra l’altro condivideva lo stesso ruolo – è andato a giocare in Lettonia, nello Spartaks Jurmala: “A vederla da fuori sembra una scelta strana, ma il mio agente era convinto che mi servisse come esperienza per migliorarmi e in effetti è stata una scelta che poi ha ripagato. All’inizio è stato difficile perché era tutto nuovo, quando non giocavo visitavo la città da solo e parlavo solo con l’allenatore in inglese”. 

In panchina c’era Nunzio Zavettieri, uno dei motivi per cui poco dopo è andato in prestito all’Avellino: “All’epoca mi ha aiutato molto, aveva fiducia in me e mi ha detto buone cose sull’Italia, dove ho trovato un altro allenatoreEzio Capuano molto bravo: esigente ma con cui si poteva parlare di tutto al di fuori del calcio”. Poi l’infortunio al legamento crociato ma nonostante questo il Genoa lo acquista per 1,5 milioni di euro e lo gira in prestito in Serie B. Ma tra Reggina e Ascoli, nella stagione 2020/21, solo 69 minuti giocati: “Dopo il mio infortunio è stata dura perché ho avuto anche il Covid per un mese, poi sono tornato in campo con la Reggina e alla prima partita contro Lecce ho avuto altri problemi muscolari. Sono tornato in Francia per operarmi, tutta la mia famiglia, la mia ragazza, il mio agente sono venuti a trovarmi per darmi forza e sono ripartito da zero”.

Benzema, Grosso e quel soprannome…

Il Frosinone ha creduto in lui e alla prima presenza dopo tanto tempo lontano dal campo ecco subito la prima rete contro il Parma: “Quando poi ho giocato un’ora contro l’Ascoli ero esausto. Grosso mi ha aiutato, è molto vicino a noi giocatori e capisce le nostre sensazioni. Poi parla anche un po’ il francese quindi…”. Ad ogni gol esulta proprio con il saluto militare: “La mia esultanza? Un tributo a Karim Benzema, che qualche anno fa celebrava allo stesso modo dopo aver gonfiato la rete. Da piccolo tifavo Real Madrid, lui e Cristiano Ronaldo erano i miei idoli”. 

Mi piace molto la boxe e suonare il pianoforte (proprio come il collega Mulattieri): avevo cominciato da piccolo, ma non ho imparato benissimo, ora quando ho un po’ di tempo mi piace suonare e sto migliorando. Un mio amico mi chiama ‘generale’ perché dice che so quello che voglio”. E se il Frosinone si trova a soli 3 punti dalla vetta alla sosta di novembre anche grazie a lui. 3 reti nelle ultime 3 partite sono anche il giusto premio per tutti gli sforzi fatti dopo l’annata più buia della sua carriera.

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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