Altro che cantera. C’è un vivaio in Italia che, sotto la regia di Mino Favini, ha prodotto una quantità industriale di talenti. E’ il settore giovanile dell’Atalanta, l’oasi nel deserto di un calcio italiano sempre più vecchio e con l’overdose di stranieri a contraddistinguerlo. Da Montolivo a Pazzini, da Gabbiadini a Zaza. E se torniamo indietro negli anni ad esempio Morfeo e Tacchinardi. Di recente anche uno studio dell’Osservatorio internazionale di Studi Sportivi a promuovere il vivaio nerazzurro, che rientra nella top ten europea come fabbrica di campioni, al nono posto davanti all’Athletic Bilbao.
La guida è Mino Favini, che da più di vent’anni cura con grande passione il settore giovanile dell’Atalanta, impostando logiche chiare riguardo a programmazione, selezione e cura del talento. “Prendo chi ha attitudine al calcio, piuttosto che chi è grande e grosso. E preferisco sempre i “venezia”, quelli che si fanno dare il pallone. Ma serve anche il cuore, l’anima. Fisica, atletica e tattica vengono dopo, perché possono essere costruiti. Fino ai 14 anni si lavora quasi sempre con il pallone e la definizione del ruolo arriva solo dagli Allievi, in base anche alle capacità intellettive del ragazzo”. Così parlava Favini in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Uno dei talenti in erba in casa Atalanta è Christian Capone, attaccante classe ’99 tutto estro e fantasia che ha stuzzicato gli inglesi.
Il Liverpool ha seguito con grande interesse questo ragazzo, mentre l’Atalanta temeva di perdere un’altra promessa, come avvenne per Jacopo Sala e Vito Mannone, “scippati” da Chelsea ed Arsenal negli anni scorsi. Ma chi è Christian Capone? Nato a Vigevano il 28 Aprile 1999, è cresciuto con il pallone tra i piedi, muovendo i primi passi tra l’Oratorio Abbiategrasso e l’Albairate, prima di finire alla Soccer Boys, dove viene individuato dai radar degli scout dell’Atalanta. Indossa la maglia nerazzurra dal 2010, la sua avventura inizia negli Esordienti B. La sua visione di gioco e l’ottima tecnica di base di cui dispone lo collocano a centrocampo, nei due centrali della mediana a quattro, fino alla stagione vissuta nei Giovanissimi Regionali. L’allenatore Massimo Cicconi pensa che la sua fantasia possa essere più devastante vicino alla porta, nella trequarti avversaria. E allora comincia a schierarlo da esterno d’attacco.
Capone si cala nel ruolo, Neymar diventa il suo idolo e fa gol a raffica: ben diciannove nel suo campionato. La stagione della consacrazione è quella scorsa, ai Giovanissimi Nazionali. L’Atalanta si ferma solo in semifinale contro la Juventus, partita in cui Capone sbaglia un calcio di rigore e i bianconeri vincono 2-0. Fino a quel momento il cammino dei nerazzurri era stato eccezionale, Capone, schierato da seconda punta dall’allenatore Polistina, aveva messo a segno ventisei gol, laureandosi capocannoniere del girone B. L’Atalanta crede ciecamente in lui, le sirene inglesi non si trasformano in un trasferimento concreto e Capone continua la sua avventura a Bergamo, giocando sotto età negli Allievi Nazionali Serie A e B.
L’inizio è entusiasmante, Capone trascina i suoi alla vittoria nel trofeo “Burzoni”, dove viene premiato come miglior giocatore del torneo, dopo la finale vinta 4-0 contro l’Inter. La prima di campionato non è però positiva per l’Atalanta di Porrini che ha perde in casa per 2-1 contro il Cagliari. Capone non incidere e il suo ruolo continua a cambiare. “Negli Allievi avviene la definizione del ruolo” diceva Favini . E infatti si lavora per portare Capone nel ruolo di trequartista. La duttilità è un requisito essenziale del calcio moderno, all’Atalanta lo spiegano bene. A prescindere dalla posizione, ciò che resta è il talento e Capone ne possiede, come dimostrano anche le convocazioni in Under 15 e 16. Ora, il debutto in prima squadra (e da titolare) in Coppa Italia, contro il Pescara, spinto da Gian Piero Gasperini: esterno sinistro nel 4-3-3 nerazzurro insieme a Pesic e D’Alessandro, per 45, primi minuti nel calcio dei grandi che difficilmente Capone potrà dimenticare.
La classe del resto è di famiglia perché possiamo già parlare di un Capone junior, classe ‘2002, che gioca nel Milan, nei Giovanissimi regionali di mister Bertuzzo. Un Capone a Bergamo, un altro a Milano, entrambe le società si chiedono perché sono riuscite a prenderne solo uno. Il più piccolo si chiama Andrea, anche lui come Christian gioca in attacco. Ha il gol nel sangue, ma indossa la maglia rossonera. Le squadre sono diverse, ma il talento e la famiglia li unisce; chissà se in futuro riusciranno a giocare insieme? Magari in Serie A, nessuno può immaginare il futuro ma non si possono neanche fermare i sogni.
Staff: Ciro Troise
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