Mini fuga, Verona e Frosinone ci provano. I gialloblù di Pasquale Marino hanno messo un cuscinetto di tre punti sulla più diretta inseguitrice, la Spal, ma logicamente è troppo presto per parlare di allungo decisivo.
“Serie A? E’ presto, ci sono tanti scontri diretti” – dichiara Marino nel corso di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport – “Oggi meritiamo le prime due posizioni, ma, è lunga… Temo l’entusiasmo delle neopromosse. Spal e Benevento si sono anche rinforzati bene con Floccari e Viola. Noi avevamo da sostituire Paganini infortunato, Gucher e Cocco che andavano via, e sono arrivati Mokulu e Maiello. In difesa dovevamo cambiare atteggiamento e abbiamo preso Krajnc. Poi s’è fatto male Brighenti ed è arrivato Terranova con due ragazzi di prospettiva. Non ci aspettavamo di chiudere l’andata al secondo posto, quindi il presidente non ha voluto deludere i tifosi. Come quando, a fine agosto, ha voluto tenere Ciofani e Dionisi“.
Regina del mercato di gennaio? “Il Bari. Le altre solo ritocchi, ma a differenza nostra non hanno perso giocatori”. Centrare la promozione da retrocessa non è mai facile: “Mi è successo anche a Pescara. Non è facile ripartire, allora ci fu anche un mercato a gennaio un po’ particolare e andò male. Quest’anno qualche giocatore ha tardato a entrare in condizione. Poi c’è stata la sconfitta in casa con il Perugia, che è stata salutare. Abbiamo capito che eravamo troppo superficiali. Per fortuna ho un gruppo maturo, non vuole fare un campionato mediocre: è stata la svolta. Carpi? Non sta passando un buon momento, come capitato a noi, ma fuori casa è sempre pericoloso e forte”.
Dieci anni fa la promozione con il Catania: è l’ora del bis? “Me lo auguro, abbiamo serenità e zero pressioni. In estate il presidente voleva solo arrivare a sinistra della classifica. Non è facile dopo una retrocessione. Puoi avere mille idee, ma se non ci sei con la testa… Quando ho vinto a Catania abbiamo mantenuto l’entusiasmo e fatto pochi ritocchi, chiudendo l’andata tra le prime. Poi successe quello che successe (omicidio Raciti) e giocammo a porte chiuse o in campo neutro e ci salvammo soltanto alla fine. Noi giocavamo a memoria e sempre all’attacco: se in A difendi e basta, perdi contro tutti. Ma allora ero più pazzo…”.
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