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Fischi, gol ed esultanza: Bernardeschi vince il suo passato. Come Higuain nella notte del San Paolo

E’ stata la sua settimana. Dall’inizio alla fine, dagli assist contro il Sassuolo a quel prato verde del Franchi in cui è cresciuto. E dove lo hanno amato, perché da quelle parti lo hanno sempre considerato il figlio prediletto. L’erede di Baggio e Antognoni, dicevano. Già, quella chioma bionda che svolazzava dietro al pallone ricordava l’Unico 10. Ma non ditelo troppo forte nei pressi del Duomo. Potrebbero non prenderla bene, soprattutto dopo oggi. Dopo che hanno tentato di fermarlo in tutti i modi, sia dagli spalti che in campo. I calcioni punitivi non sono mancati, ma è Fiorentina-Juventus ragazzi. I fischi? Nemmeno, anzi. E’ bastato mettere il naso fuori dal tunnel per esserne sommerso. Per un attimo sembrava di essere tornati indietro di qualche mese, al primo dicembre. Napoli, stadio San Paolo, la folla vuole la testa di Higuain. Il Pipita non si scompone. Addirittura decide di affrontare il popolo azzurro e lo fa in modo plateale. Braccia alte, ad incoraggiare quella che era stata la sua gente affinché fischiasse più forte. Lui non sentiva. O almeno non così tanto da esserne spaventato. Poi in campo lo ha dimostrato, segnando. Ha voluto anche prendersela con il Presidente De Laurentiis: “E’ colpa sua” urla pieno di rabbia e adrenalina, quasi a giustificarsi. Anche Bernardeschi ha vinto la sua battaglia con il pubblico, ma lo ha fatto in modo diverso dall’argentino. La faccia impassibile durante il riscaldamento, due occhi nei quali si legge tanta voglia e zero paura. E’ anche l’ultimo a rientrare negli spogliatoi, rimanendo sul rettangolo verde a provare quel sinistro che poi alla fine ha anche funzionato. Sapete con chi è rimasto? con Higuain, come se quest’ultimo gli volesse stare accanto in un momento che aveva già vissuto. Parlano la stessa lingua, quella del talento. Una lingua che conosce soltanto una parola, anzi due: il gol e la vittoria. Sono rientrati insieme per cambiarsi, quasi mano nella mano. E la scena si è ripetuta dopo, nella ripresa. Punizione guadagnata dallo stesso Bernardeschi. Lì ci vuole un sinistro, non il destro di Pjanic. Lo impone la posizione, ma anche l’aria che si respira. La rivalsa nel senso buono, la risposta migliore e più civile a chi ti contesta. Allora va a finire che sulla palla ci va il talento di Carrara. Rincorsa, sinistro e gol sul palo del portiere. Responsabilità di Sportiello? Forse. Bernardeschi esulterà? Forse. Invece sì, lo fa. Ma non è la stessa esultanza rabbiosa di Higuain a Napoli. E’ più indecisa, perché dieci anni non si dimenticano, nonostante tutto. L’affetto per i tuoi vecchi compagni, per i tuoi allenatori, per tutti quelli che hai conosciuto non si può cancellare in 90 minuti di fischi. Nemmeno quello per i tuoi vecchi tifosi. E anche qui ecco Higuain, che lo abbraccia, lo guarda e gli dice qualcosa. Chissà cosa si saranno detti nello spogliatoio. Chissà, forse certe emozioni sono talmente forti da non poterle tenere dentro. Roba da ex, da odiatiamati proprio come loro. Forse non lo capiremo mai

Quello di Bernardeschi è stato il gol decisivo, anche se la partita è finita 2-0. Ha risolto una gara che per la Juventus si era messa male. Il rigore dato contro e poi levato. Il palo di Gil Dias e il cuore grande dei ragazzi di Pioli, andati oltre i limiti proprio come il loro allenatore aveva chiesto. Ma non è bastato, perché spesso è anche questione di fortuna. Di sorte e di… aria. Ci sono partite dove qualcuno ha il destino segnato, qualcosa di speciale sopra la testa. E oggi è toccato a Bernardeschi, che dopo dieci anni gioca con una squadra che ha la maglia bianconera, quella per cui alla cerimonia di un Torneo di Viareggio ha rifiutato una sciarpa: “Mi ammanettano”, si giustificò così. Ora è cambiato tutto. Ha lasciato il “suo” Franchi con tanti fischi in tasca e un gol prezioso. Un’esultanza che farà discutere e una sostituzione che lo vede tornare in panchina con i pugni rivolti verso il settore ospiti. Altro gesto che a Firenze non perdoneranno, forse l’immagine che sancisce una volta per tutte quale sia il presente e quale il passato. Non si mette nemmeno il giubbotto, come tutti gli altri panchinari. Il freddo, evidentemente, non lo sente. Quasi come se volesse passare davanti alla Fiesole con la sua 33 bianconera ben in vista. Sensazioni? Può darsi. Quel che è certo è che oggi questo ragazzo biondo e dal grande talento ha vinto la battaglia con il suo passato. Come fanno i campioni, come Higuain nella notte del San Paolo

Simone Golia

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