18 punti in 11 giornate e il settimo posto in classifica, dopo le difficoltà degli ultimi anni, la Fiorentina è una delle sorprese di questo inizio di stagione.
Oltre all’arrivo di Vincenzo Italiano, in estate a Firenze è arrivato anche Nicolas Burdisso come direttore tecnico, per affiancare il duo Barone-Pradè sul mercato.
“La Fiorentina mi ha chiamato per una certa credibilità che mi sono guadagnato in tutti questi anni, in campo e fuori. Questo lavoro è meritocratico. Il mio primo viaggio in Europa è stato nel 1999, in Italia. Quell’anno stavo per esordire al Boca, ma a febbraio siamo venuti con le giovanili a Viareggio per giocare la Coppa Carnevale. Eravamo a 100 km da Firenze e il club decise di andare lì per vedere Batistuta in allenamento, che a quel tempo era l’idolo di tutti. Il primo stadio in cui ho messo piede in Europa è stato quello della Fiorentina, e oggi sono il direttore tecnico del club”, così Burdisso al portale argentino La Nacion.
Il dt viola ha parlato del legame tra Firenze e gli argentini: “Noto una grande sintonia tra i fiorentini e il carattere argentino. Quando ero un avversario non lo vedevo, ora sì. C’è una sorta di simbiosi. I 5 argentini più importanti della storia del club? Al primo posto metto Bati, poi Passarella e al terzo Bertoni. Aggiungo Gonzalo Rodríguez, che è stato qui a lungo: è stato capitano in un periodo molto positivo. E il quinto, perché mi piace sempre guardare avanti, spero che sia il nostro Nico González o il ‘Chino’ Martínez Quarta: entrambi hanno un grande potenziale per portare la squadra a un altro livello, il problema è che non sappiamo per quanto tempo potremo trattenerli. Purtroppo”.
L’ex difensore di Inter e Roma si è poi soffermato sull’arrivo di Nico Gonzalez: “Quando sono arrivato lo stavano già trattando e ho dato il mio pieno appoggio all’operazione. “Volete la mia opinione?” Ho chiesto. “Dobbiamo farlo ora”, ho risposto. Sebbene non fossi ancora stato introdotto nella carica di dt, se avessi detto diversamente, il passaggio non sarebbe stato fatto. Nico è un tifoso del River, ma gli ho detto che l’anno in cui ero al Boca lo seguivo quando giocava allo Stoccarda perché è nato attaccante e io cercavo attaccanti, ma avevo bisogno di qualcuno con caratteristiche più da centravanti”.
Burdisso ha parlato anche del processo di adattamento che devono vivere gli argentini quando arrivano in Europa: “Il calciatore argentino ha molto da imparare quando arriva in Europa. Impara che, all’inizio, forse, non giocherà…Il giocatore argentino che rispetta un processo non fallisce. De Paul o Lautaro sono solo un paio di esempi. Perché non vediamo più argentini andare dritti all’élite. No, forse Julián Álvarez è una possibilità, vedremo. Da due o tre anni gioca nell’elite del calcio sudamericano, è nel suo momento di maturità, ha fatto un percorso in una squadra dove la gestione dell’allenatore lo ha aiutato: siamo di fronte a un profilo di giocatore formato e pronto per un livello diverso dalla media dei giocatori argentini”.
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