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Sulla scia di Mbappè e Haaland: Ferran Torres, il Jolly di Guardiola

II Manchester City di Guardiola è sempre stata una macchina da gol. 106 le reti segnate in Premier nella stagione 2017/2018, poi 95 in quella successiva e 102 nell'ultima. Per questo fa notizia il fatto che la squadra di Pep, in questa, ne abbia collezionate solo nove nelle prime sei giornate. Ad incidere in negativo sono stati i problemi fisici di Aguero e Gabriel Jesus, tanto che l'allenatore catalano si è dovuto affidare ad un ragazzo di appena 20 anni che però, a guardarlo giocare, ne dimostrerebbe molti di più. Ferran Torres è nato il 29 febbraio del 2000 a Foios, piccolo comune spagnolo della comunità autonoma Valenciana. Da bambino si divertiva a usare i suoi cani come difensori e andava ad aiutare il nonno nei campi. Oggi ha lasciato da parte la zappa e fa il fenomeno con gli scarpini ai piedi. Li chiedeva sempre ai genitori, voleva solo quelli come regalo. Una volta, a sette anni, li indossò perfino per andare a scuola. Con quelli ha fatto innamorare Guardiola, che lo ha voluto per il suo Manchester City. 

Sulla scia di Mbappè e Haaland

23 milioni di euro più altri 12 di bonus, questa la cifra pagata in estate al Valencia. Nelle intenzioni di Pep c'era quella di usarlo come esterno offensivo, perché Ferran ha nell'uno contro uno e nella rapidità le sue armi migliori. Gli infortuni di Aguero e Gabriel Jesus però lo hanno costretto a schierarlo punta: "E' un incredibile finalizzatore", si è giustificato. E i fatti gli hanno dato ragione. Due gol a Marsiglia e Olympiakos, che si vanno ad aggiungere alle reti contro Porto e Leeds (ma lì aveva giocato alto a destra). E' così diventato il terzo giocatore più giovane nella storia della Champions League a segnare in quattro presenze consecutive (aveva lasciato il segno anche in Valencia-Atalanta 3-4) dietro a Mbappé (18 anni e 120 giorni) ed Haaland (19 anni a 107 giorni): "Si è ambientato molto bene nello spogliatoio. È così timido ma così calmo. Vuole imparare e ci ha aiutato molto davanti", lo ha esaltato Guardiola. 

Che caratterino…

Viso da ragazzo, carattere da vendere. L'addio al Valencia (che lo notò in un torneo scolastico prendendolo quando aveva appena sette anni) è stato burrascoso. Ferran non si è fatto problemi a esigere tre cose per prolungare il suo contratto in scadenza: negoziare direttamente con Peter Lim – il proprietario – per sentirsi valorizzato, essere nominato capitano, ed essere uno dei più pagati della rosa. Come se non bastasse, ad addio consumato, l'attacco a Dani Parejo: "Con me non è stato un buon capitano – rivelò a Marcaper mesi a malapena mi diceva buongiorno". Non guarda in faccia nessuno, si è sempre visto più grande di quanto la carta d'identità effettivamente dicesse: undicenne, aveva già un procuratore. Si è mostrato al mondo nel Valencia di Marcelino, degli "italiani" Neto, Kondogbia e Zaza. Ha trionfato da protagonista con la Spagna U17 e U19: "Dentro di me penso sempre di essere il migliore". L'autostima c'è. 

Sognando David Silva

Ammira Ronaldo e David Villa, sognava la maglia numero 7 di David Silva che, per ironia della sorte, si è trovato a sostituire al Manchester City. Da quando ha firmato per la prima squadra del Valencia, conserva tutte le prime pagine che lo riguardano. Nei momenti difficili non ha bisogno di aiuto: si chiude in bagno da solo, si guarda davanti allo specchio e trova una soluzione. L'unica persona con cui si apre è la sorella Arantxa, per la quale si è tatuato sulla caviglia un'ancora: "Rifiuta di affondare", la scritta che accompagna il disegno. Quasi un ordine. Lui, nel frattempo, nuota veloce. Ad affondare sono gli avversari.

 

Simone Golia

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