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Et voilà, Kylian Mbappé. La stellina che incanta il Monaco nel segno di Henry

Bondy, sobborghi di Parigi, 6 di sera. E’ molto probabile che un ragazzino nato nel ’98, l’anno del mondiale con Zidane che schianta il Brasile e consegna la prima stella ai multietnici blues, diciannove anni dopo stia per mettersi davanti alla TV. Per guardare un suo coetaneo, un suo compagno di squadra scendere in campo per una squadra che da Parigi gioca piuttosto lontano: le distanze però, da allora, si sono ridotte e il ragazzino davanti alla TV è come se fosse in campo anche lui, col suo amico.

Chissà se esiste davvero questo diciannovenne: di lui non abbiamo notizia. Ma di quello che al Louis II è sceso in campo questa sera, sì, di lui qualcosa sappiamo e probabilmente saremo destinati a parlarne ancora in futuro. Basta suspense, lui è Kylian Mbappé Lottin e se siete dei nostalgici di un altro francese discretamente bravo, un certo Thierry Henry, avrete sicuramente già sentito il suo nome. Perché a sobbarcarsi questo importante paragone è stato uno che Titì lo conosce bene, tale Arsene Wenger. Il motivo? In questo Monaco champagne edizione 2016/17, Kylian Mbappé è una bollicina che si fa notare più degli altri.

Per la giovane età, in primis: il più giovane esordiente nella storia del club monegasco – 2 dicembre 2015 contro il Caen – e il più giovane marcatore, battendo… Sì, proprio Henry (il 20 febbraio 2016 contro il Troyes). Stasera, nel 5-0 che il Monaco ha rifilato al Metz e che lo ha riportato in testa alla Ligue 1, Mbappé ha segnato la sua seconda tripletta stagionale, dopo quella in Coppa di Lega. Per un totale di: 8 gol e 8 assist in 22 presenze, un gol ogni 117’. E già che siamo “in clima statistiche”: Mbappé è arrivato a 12 gol con il Monaco, traguardo raggiunto dopo 37 partite. Lo stesso challenge che Henry aveva centrato dopo 51 apparizioni.

“Non percorrere la strada già segnata, va’ lì dove non c’è un sentiero e lascia una traccia”

Manovra di sorpasso sulle statistiche: perché Mbappé puo davvero essere avvicinato ad un mostro sacro come Henry? Prima le suggestioni/coincidenze: entrambi provengono dai dintorni di Parigi, entrambi escono fuori da una famiglia di sportivi, entrambi sono “malati” di calcio nella miglior accezione possibile del termine, ovvero quella che implica uno studio della materia che assorbe tutto il tempo della giornata, anche quello non destinato agli allenamenti e alle partite (papà Mbappe dixit, usando, in un’intervista all’Equipe, la parola francese taré: pazzo).

Lunghe leve, nonostante non sia altissimo. Quello che impressiona di lui è la sua progressione, che può diventare devastante se riesce a scatenarsi dopo una partenza tra le linee. Mbappé può potenzialmente ricoprire tutti i ruoli d’attacco, perché sa dribblare ma senza essere fumoso, sa essere concreto sotto porta ma senza essere banale. Essenziale, quando il significato è più vicino ad “essenza” piuttosto che a “sufficiente”. E sì, dimostra anche attitudine difensiva, specialmente quando gli tocca giocare sull’esterno. Dulcis in fundo, la personalità: a 14 anni in pochi rifiuterebbero il Real Madrid dell’idolo Ronaldo, su chiamata dell’icona Zidane. Lui, con l’influenza della famiglia d’accordo, l’ha fatto. Ha scelto il Monaco, perché più adatto alla crescita di un giovane. E in questo un po’ speciale lo è già, Mbappé. Perché ha scelto la sua strada, che parte da Bondy, sobborgo di Parigi e chissà dove arriverà. E se esistesse, se lo chiederebbe anche quel suo amico d’infanzia che la tv, adesso, l’ha spenta.

Marco Bonomo

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