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Da van Persie a En-Nesyri, quando il gesto tecnico sorprende tutti

Un gol che lascia a bocca aperta, un gesto tecnico mai visto, uno slancio che alza l’asticella, trasformando la competizione sportiva in sfida a se stessi e alle possibilità umane. Un primato battuto, una soglia che si scopre all’improvviso superabile

 

 

Contro il Portogallo Youssef En-Nesyri è saltato a 2 metri e 78 centimetri di altezza, battendo Diogo Costa e il record di elevazione di Cristiano Ronaldo in Sampdoria-Juve del 2019 (2 metri e 56). I Mondiali sono il teatro perfetto, lo scenario ideale perché ogni limite venga superato. Lo ha fatto l’attaccante del Marocco, che col suo gol ha battuto proprio Ronaldo, eliminandolo dalla competizione. Prima di lui hanno fatto lo stesso altri calciatori, segnando gol diventati iconici. 

 

 

En-Nesyri e il gol in elevazione: chi prima di lui

In alcuni casi, un gol può essere talmente riconoscibile da meritarsi un nome ad hoc, da aggiornare il lessico del calcio. Successe nel 2014, quando dopo il gol in tuffo di Robin van Persie fu coniata l’espressione verbale “vanpersying“. Un neologismo che descriveva quel modo di buttarsi a terra con piena contezza di sé e del proprio corpo, e la totale padronanza di un gesto così elegante ma al tempo stesso pericoloso. Accadde anche ad un Europeo, quello del 1976, quando il cecoslovacco Antonìn Panenka scavò il terreno dello stadio di Belgrado alla ricerca di un colpo che non esisteva: in Italia lo chiamiamo “cucchiaio”, ma in gran parte del mondo si chiama proprio “Panenka“. 

 

 

Ci sono momenti che assomigliano ad epifanie, in cui viene tracciato un solco nella storia, in cui si aprono orizzonti. È il caso di Maradona contro l’Inghilterra, del “gol del siglo”. Nessuno pensava che fosse possibile segnare scartando tutti gli avversari. Non su un campo vero, non a un Mondiale. Non lo pensava nemmeno Maradona, che a 19 anni, a Wembley, sempre contro gli inglesi, ci aveva già provato, senza superare il portiere, fermandosi sul più bello. Dribbling, come quelli di Ronaldo Nazario da Lima ai portieri, nel 2006. O ancora il tiro al volo di van Basten nel 1988. Le competizioni per nazionali come teatro dell’assurdo, humus perfetto perché germoglino gesti atletici e tecnici che stravolgono la competizione. Che la rovesciano, come il salto di Fosbury. Per raggiungere van Basten, Maradona, Panenka, a En-Nesyri manca solo un passaggio, un altro salto: ma in Marocco sono troppo scaramantici per farlo sapere al mondo. 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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