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Empoli-Napoli, il (nuovo) ritorno di Sarri al Castellani

All’apparenza più sostanza che forma. Difficile ricordalo in giacca e cravatta, nonostante il trascorso da ex impiegato bancario. La passione per il calcio allenato, da coltivare non appena finito il turno di lavoro. E un sogno nel cassetto: quello di realizzarsi nel mestiere che avrebbe fatto anche gratis. L’allenatore. In tuta e scarpe da tennis, con la sigaretta sempre in mano. Pochi sorrisi, tanta concretezza. Maurizio Sarri allena da ventisette anni, da quando agli inizi degli anni ’90 allo stipendio sicuro preferì la terra e la polvere del campo di Stia. Da quattordici anni nel calcio professionistico. Era il 2003 ed ottenne la promozione in C1 con la Sangiovannese, due anni più tardi l’esordio con il Pescara in Serie B. Poi le parentesi non così tanto felici all’Arezzo (subentrato ad Antonio Conte), all’Hellas Verona e al Perugia. Tutte senza lieto fine. Anzi, con tre esoneri. L’opportunità di rifarsi a Grosseto e con l’Alessandria. Prima della ribalta, il quarto esonero della carriera – a Sorrento.

La perseveranza tramutata in possibilità, la più importante della sua carriera, nel 2012 all’Empoli. Suo prossimo avversario. Partito dalla seconda categoria e arrivato in Serie A. Tanta gavetta, senza cambiare outfit né abitudini – con la stessa semplicità di sette categorie fa. Un sogno diventato realtà con l’Empoli. Grazie all’Empoli. Nel maggio 2014, dopo due stagioni sulla panchina toscana – la prima con una finale playoff persa e con un secondo posto da promozione diretta l’anno seguente. Squadra rivelazione e calcio spettacolo anche alla prima panchina di Sarri in A, tanto da raccattare 4 punti contro il Napoli (2-2 all’andata al “San Paolo”, 4-1 al ritorno). Ignaro del fatto che, dall’anno dopo, quella azzurra – sua squadra del cuore sin da bambino – sarebbe stata la sua futura società. Nonostante la sua ambizione, non avrebbe mai pensato di ritrovarsi agli ottavi di Champions contro il Real Madrid, ventisette anni fa. Niente più ufficio ma solo schemi e spogliatoi.

Oggi il ritorno al “Carlo Castellani” per la seconda volta da avversario. Allo stadio di Via delle Olimpiadi, ricordi ed emozioni indimenticabili – le sigarette dietro la panchina al termine di ogni partita e i cori solo per lui cinque minuti prima del triplice fischio finale. Voluto bene per la sua umana professionalità e innata semplicità. Caratteristiche capaci solo di chi apre i propri orizzonti viaggiando e leggendo – Bukowski, Fante, Vargas Losa. La consapevolezza dei propri mezzi, l’immenso senso di gratitudine per l’affetto ricevuto e la predisposizione verso una big portano Sarri a scrivere il “The End” ad una storia perfetta. Che continua tutt’oggi, anche se a distanza. Non è mai cambiato Sarri, è il Maurizio di sempre – sia nella sostanza che nella forma. Tuta, sigaretta, scaramanzia e schemi su palla inattiva alla mano. Allenatore tradizionalista capace di far valere ancora oggi un 4-3-3 ben interpretato, sebbene i moduli alla moda di questi tempi siano altri. Moderno solo nell’uso dei droni in allenamento. Definito un mastro, da e per tutti i colleghi. Uno su tutti Gattuso, che lo accosta addirittura a Sacchi (per entrambi nessuna carriera calcistica se non a livello dilettantistico – vedi Mourinho). Maurizio Sarri si è fatto da solo, con poche chiacchiere e tanto lavoro. Spirito deciso, vincente e convincente. E non poteva essere diversamente per uno che questo mestiere l’avrebbe fatto anche gratis. A patto di indossare sempre una tuta. Come quando iniziò per hobby, ma con lo spirito da professionista a fare la differenza. Chapeau, Maurizio Sarri. Ad Empoli ricordano ancora da dove vieni e ad attenderti ci saranno solo applausi. Anche da avversario.

Angela Sciuto

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