“Quello che non ho è quel che non mi manca”. Lo ha cantato Fabrizio De André, non avrebbe potuto fare altrettanto Andrea Pirlo: perché Paulo Dybala, non avuto per tre mesi, a lui e alla Juventus è mancato eccome. Il calcio è quella cosa dove i cerchi si chiudono per riaprirsi con una frequenza che probabilmente nella vita non si ripete: così, in questo tardo pomeriggio di aprile insolitamente freddo, a chiuderne un altro è proprio il dieci argentino, al quale bastano quattro minuti scarsi per segnare a modo suo dopo 87 giorni di inattività. Sì, ma il cerchio? Eccolo: l’ultima volta che Paulo aveva realizzato un gol da subentrato in Serie A era stata poco più di un anno fa. Stesso stadio, vuoto per la prima – di tante altre, purtroppo – volte: Juventus-Inter, ancora un gol del 2-0, ancora quel sinistro (un esterno più secco ma ugualmente mortifero).
Quel gol di Dybala, non solo col senno di poi, valse il nono scudetto consecutivo della Juventus. Paulo venne poi consacrato come il miglior giocatore di una stagione dall’epilogo amaro: i pochi minuti nel ritorno con il Lione, il saluto all’Europa con un infortunio. Quasi un presagio-déjà vu di quello che sarebbe accaduto qualche mese dopo. Il gol di oggi non varrà uno scudetto. Ed è ancora presto per poter dire se sarà abbastanza per sigillare la qualificazione alla prossima Champions League, obiettivo ridimensionato ma vitale per la Vecchia Signora. Ma questo sinistro a giro – oltre che portare in dote tre punti pesantissimi – può essere a suo modo rivelatore, assolvere almeno in parte un gruppo e chi lo guida, trovatisi senza un uomo da 20 gol a stagione. A dirlo sono i numeri: Dybala, con quello di oggi, arriva a 99. E le stagioni a Torino sono cinque.
Ma, allo stesso tempo, la firma sulla vittoria in una partita discussa, attesa e lunghissima lascia – senza risposta – la più classica delle domande: cosa sarebbe successo se? E quel “se” è un Dybala in forma per tutto il campionato, presente anche nel doppio confronto col Porto. Ma appunto, è inutile chiederselo: meglio restare sulla realtà, una realtà che ci ha raccontato una settimana difficile per la Juventus. Dal festino (o cena, stando alla versione di Dybala) a casa McKennie con annessa esclusione nel derby, a uno stesso derby non giocato bene e pareggiato, fino alle tante voci sul futuro di Pirlo con ombre ingombranti provenienti dal passato. Nell’istante dopo il gol, però, tutto per un attimo è stato spazzato via, anzi sommerso dall’abbraccio con cui i compagni hanno festeggiato Dybala.
E il futuro? “Lui è un valore aggiunto. Se resterà? Ha ancora un anno di contratto e speriamo di potercelo tenere”, ha detto Pirlo a Sky Sport. Auspici e scadenze, nella stessa frase. Ma prima del mercato c’è ancora una stagione da finire, con Dybala in campo e non a tifare in tribuna. L’altro suo soprannome è “picciriddu” – bambino in siciliano – gli venne dato a Palermo. Questa sera fa pensare ai versi di una canzone che racconta di tante persone che arrivate a Torino a vedere un bambino ballare il tango, si commuovono. Perché tra i tanti significati di questo gol, il più intenso e un po’ amaro è proprio quello che riporta a uno stadio pieno di gente che esulta e perché no, si commuove: per le gesta di tutti i calciatori, non solo Dybala. Allora sì che il cerchio sarà chiuso.
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