Maglietta scura, capelli alla Lenny Kravitz e un paio di vistosi occhiali da sole. “Fino a pochi anni fa avevo i rasta, poi sono cresciuto”. Sorride Domenico Serafino, presidente della Sambenedettese da inizio giugno. Se googlate il suo nome, troverete decine di canzoni funky, reggae e rap di un cantante partito da Fuscaldo, provincia di Cosenza e arrivato in Argentina.
Non è un omonimo, è solo passato qualche anno. “Suono ancora. Adesso sto componendo le musiche per un documentario”. Lo fa di notte, nella sua nuova casa di San Benedetto del Tronto. Il resto del giorno lo passa allo stadio. “C’è bisogno di pianificare tutto. Sono un uomo che viene dal basso, mica Paperon de’ Paperoni”, racconta in esclusiva a gianlucadimarzio.com.
Poche settimane fa ha acquistato il club da Franco Fedeli. Gli è costato circa un milione e 300mila euro. Il suo primo impegno è stato garantire lo svolgimento dei playoff di serie C, conclusi al primo turno con un pareggio a Padova. “Chi c’era prima di me aveva scelto di non giocarli. Ho anticipato alcune spese perché città e squadra avevano bisogno di un segnale. E i ragazzi meritavano di giocarsi sul campo ciò che si erano conquistati”.
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Nella sua avventura non è solo. Ha un socio di minoranza coreano, Kim Dae Jung, imprenditore del mondo vegan che vive in Florida. “Lo sento ogni giorno, presto verrà qui”. Insieme hanno costituito una società che investe nel calcio. Si chiama Sudaires, una crasi riassuntiva della vita di Serafino: origini meridionali e un lungo vissuto a Buenos Aires. “Mi sono trasferito là per la musica. Andavo in giro a suonare ovunque. Ho vissuto anche a Montevideo, città del nostro allenatore Paolo Montero. Da ragazzino giocavo a pallone: numero 10, mancino”.
Quello bravo però è suo figlio Francesco, ragazzo del ’97 che ha fatto le giovanili prima al River e poi al Boca. Ora si allena con la Samb, poi si vedrà. “Negli ultimi anni ha giocato al Bangor, l’altro mio club, in Galles. Ma non ce l’ho portato io, è stato il contrario esatto”. L’impegno di Serafino nel calcio nasce proprio per salvare i 144 anni di storia della squadra gallese. “Francesco mi aveva chiesto di fare qualcosa e mi sono dato da fare. Poi nella scorsa primavera si è presentata la possibilità di acquistare la Samb. Avevo visto lo stadio nei playoff 2018 contro il Cosenza. Sembrava di essere in Sudamerica. Mi erano state proposte anche Siena e Pistoiese ma ho capito subito che questa era la piazza giusta”.
Il Riviera delle Palme o Sambodromo. Casa di sogni nuovi. E anche di Maxi Lopez, primo botto del mercato. “Lo conoscevo bene. Gli ho detto che qui può ritrovare la passione degli inizi. Lui è carichissimo. Ha bisogno del calore della gente per rendere. E poi arriverà anche un suo amico”. Altro argentino, altra vecchia conoscenza del nostro calcio, altro colpo: Ruben Botta, centrocampista offensivo ex Inter: “Ci mancano alcuni dettagli burocratici legati al suo status di comunitario, ma siamo già d’accordo su tutto. L’altra notte sono stato a lungo al telefono con entrambi. Avranno un contratto di un anno con rinnovo automatico in caso di promozione. Sono felici di ritrovarsi e consapevoli che – come hanno detto loro – ci sarà da correre”.
Lo faranno sopra un’erba che in questi giorni Serafino sta facendo sistemare.
“I giocatori che erano qui l’anno scorso si sono lamentati del terreno di gioco e ho approfittato di questa sosta. Faremo un naturale rinforzato, come a San Siro”. Con Maxi e Botta sono già arrivati anche altri due nuovi acquisti: Manuel Nocciolini, attaccante del Ravenna e Ignacio Liporace, esterno basso mancino dell’Atletico Rafaela. Giocatori arrivati anche attraverso l’ottimo lavoro fatto dietro le quinte dal direttore sportivo Pietro Fusco, al quale è stato recentemente rinnovato e prolungato il contratto. Due anni, una scelta fatta anche per i nuovi arrivi e per Paolo Montero. “Quando scelgo una persona, voglio che sappia che sto contando su di lui. Quando è possibile, preferisco i biennali. Danno il tempo di attaccarsi alla maglia, di sentirsi davvero parte di qualcosa”.
Legami col territorio, una via che Serafino vuole percorrere sotto ogni punto di vista, partendo dal settore giovanile. “Deve essere il nostro faro. Le piccole società si sostentano attraverso la creazione di giocatori. Dovremo essere attentissimi su questo punto. Giovanili e infrastrutture: finalmente avremo un centro sportivo in cui allenarsi con continuità. Lì cercheremo di formare i nostri calciatori. Anche sotto l’occhio di un campione del mondo, che sarà il responsabile dell’area tecnica”. Pedro Pasculli, ex compagno di stanza di Maradona nel mondiale ’86. Un suo gol eliminò l’Uruguay “e a Montero lo ricorderemo spesso..”.
Prima di San Benedetto era al Bangor, squadra di cui il presidente Serafino continuerà a occuparsi. “Ma vivrò in Italia. Qui mi sembra di stare in Sudamerica. La gente vuole parlare, mi ferma per strada. Aspetto che possano tornare allo stadio. Per sentire quel rumore bellissimo che mi ha spinto a investire in questa società. El futbol es del pueblo”.
Adesso è tempo di tornare in ufficio. Anche per pensare alla prossima canzone per la Samb: “Vamos Vamos Sambenedettese, presto ve la farò sentire”. Chiuso nella sua stanza sotto la tribuna centrale, Domenico Serafino programma ogni dettaglio. Davanti a lui ha la nuova maglia della Samb. Sponsor tecnico Nike, altro colpo di mercato. In città tutti parlano di lui. Qualcuno spera anche in un suo concerto. “Ho chiuso con i live nel 2013. Potrei fare uno strappo se dovesse arrivare qualche risultato straordinario”.
A San Benedetto sperano un giorno di vederlo con una chitarra al centro del campo. Maglietta, capelli alti e occhiali scuri. Come un ospite internazionale al festival di Sa(mb)Remo. Come un presidente vincente. La strada per arrivare a quel momento è appena iniziata: “Vamos Samba”.
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