Per Djordjevic è sempre stata una questione di attimi. Uno avrebbe potuto incastonarlo nella storia della Lazio, l’altro lo ha frenato nel suo periodo migliore in biancoceleste. Un centimetro dentro e sei eroe, uno fuori e ti perdi lentamente. Sul doppio palo colpito in finale di Coppa Italia contro la Juve nel 2015 si è infranta la speranza del serbo, che dopo quell’episodio non più riuscito ad imporsi.
E chissà come sarebbe andata se quella caviglia non gli si fosse girata nella partita con il Milan, nel momento in cui stava piazzando l’ennesima zampata. Quesiti a cui è difficile rispondere, ma che sicuramente avranno assillato Djordjevic, che domenica ritroverà la Lazio dopo l’addio in silenzio. Perché sì, nell’ultimo anno in biancoceleste di Filip si erano perse le tracce. Era un fuori rosa, non è mai stato convocato e non è mai rientrato nei piani di Inzaghi. Lui però non si è mai lamentato, ha accettato le scelte in silenzio. Difficile però credere che non proverebbe un bel po’ di soddisfazione nel segnare alla sua ex squadra.
Potrà riuscirci dopo l’infortunio che ha rallentato il suo inizio di stagione. Tre presenze, zero gol e tanta voglia di rifarsi. Dopo il rientro in gruppo Di Carlo lo ha portato subito in panchina al San Paolo, domenica con la Lazio insidia Stepinski per il ruolo di attaccante titolare e in caso di iniziale panchina quasi sicuramente gli verrà concesso spazio.
Una sfida al passato per scacciare i fantasmi di una storia mai sbocciata completamente. Eppure Djordjevic nei suoi primi mesi in biancoceleste era riuscito addirittura a scalzare un mito come Klose nelle gerarchie di Pioli, che lo definiva ‘un toro’. Un generoso, sempre pronto a sacrificarsi per la squadra, i tifosi biancocelesti lo ricordano così. E anche per quella tripletta al Palermo, segnata proprio a Sorrentino, che al Chievo è diventato un suo grande amico. Con la Lazio spera di mettere minuti nelle gambe e ritrovare il. E perché no, magari regalare un dispiacere alla sua ex.
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