Nel corso del programma “10+10 SKY 20 ANNI”, l’ex capitano della Juventus Alessandro Del Piero ha parlato della sua carriera e di quella di Francesco Totti, ospite al suo fianco. “Le nostre carriere sono state parallele ed hanno avuto molte cose in comune – ha detto Del Piero -. Con il passare del tempo, più che una rivalità si è creata una complicità. Anche senza parlarci tanto, tra di noi è nato l’affetto per ciò che l’altro stava portando avanti. Ci hanno spesso contrapposto, ma noi ci trovavamo a riderci su, soprattutto grazie a Francesco”.
Del Piero ha continuato parlando dell’essere capitano: “Non c’è un minuto off, sei “sempre” il capitano, dentro e fuori dal campo. Devi fare scelte che non condividi ma che sai che sono le scelte giuste in quel momento. È una continua ricerca della soluzione dei problemi”.
Sulla vita dopo il ritiro dal calcio giocato: “Credo che, quando un calciatore lascia l’attività, se non si prepara prima, non è pronto a iniziare una seconda vita. Si riflette su quello che si è fatto, sugli errori, su come migliorare e poi ci si trova a decidere. È un percorso che può essere di 6 mesi o di 10 anni, ma una volta presa la decisione hai la volontà di essere partecipe in tutto. Non di decidere su tutto, ma una figura come la sua [di Francesco] doveva essere partecipe di tutto. Rappresenta la Roma, ha la responsabilità di sapere tutto, altrimenti non può porsi nella posizione migliore per difendere i colori, per sostenere la decisione del club e di creare squadra. I numeri 10 sembrano essere esterni alla squadra, nelle generazioni passate non dovevano correre, ma solo fare solo assist e gol. Il 10 della nostra generazione, invece, ha dovuto correre come un numero 8 o un 4, dare una mano al resto della squadra ma alla fine metterla all’incrocio e fare gol. Abbiamo imparato dai sacrifici fatti, dagli infortuni che abbiamo subito, dai nostri fallimenti agonistici, dalle sconfitte, dai rigori sbagliati, dalle incazzature. Così anche nel gruppo [dirigenziale] ci deve essere un gioco di squadra, con ruoli che collaborano per lo stesso obiettivo: solo così si vince. Non può fare tutto una persona. Si collabora, per la squadra”.
Infine su Maldini: “Paolo ha dimostrato da dirigente di essere un vincente: una delle chiavi del successo del Milan dell’anno scorso è stata sicuramente la sua presenza, lui all’interno di un team. Oggi il calcio non è come quando abbiamo iniziato noi, ha bisogno di molte più persone, di un’organizzazione diversa e quindi bisogna mettere i pezzi al posto giusto. Maldini ha dimostrato di essere un vincente anche da dirigente. Mi spiace molto per Paolo, perché io quando penso al Milan penso a Paolo Maldini”.
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