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De Vezze: “La Sly una sfida con me stesso. Conte uomo vero, Ventura no”

“E’ una sfida con me stesso e voglio vincerla”. A 38 anni da compiere a gennaio, Daniele De Vezze ha le idee chiare: la sua firma con la United Sly, formazione di Seconda Categoria con sede a Bari, è figlia della voglia di riavviare il motore e non lasciare il calcio giocato. “Il presidente Danilo Quarto ha toccato i tasti giusti per farmi rimettere in gioco. Mi ha convinto il loro progetto, hanno un’organizzazione ben superiore a quella di un club dilettantistico, dalla dimensione quasi amatoriale – racconta a gianlucadimarzio.com – una web tv propria, un organigramma strutturato e ambizioni. Ho conosciuto mister Nicola Quarto e voglio dare una mano a questa squadra”. Ancora imbattuta nel campionato in corso e vittoriosa da 23 partite di fila.

Così il centrocampista cresciuto nelle giovanili della Roma e passato per Savoia, Palermo, Lanciano, Reggiana, Fiorentina, Ascoli, Genoa, Messina, Livorno, Bari, Torino, Pergocrema, Benevento e Matera ha deciso di rimettere gli scarpini ai piedi. Il periodo di stop per squalifica è alle spalle, l’affetto per Bari è una realtà consolidata: “In questa città vivo da ormai 9 anni, mi ha trattenuto qui l’amore per la mia compagna (sorride, ndr), qui si sta benissimo, ci sono nati i miei figli e penso di restarci a vita”. In biancorosso ha vissuto una promozione in A sotto la guida di Antonio Conte e un anno nella massima serie sotto la guida di Giampiero Ventura: gli ultimi due commissari tecnici dell’Italia. “Sono due grandissimi allenatori sul campo, ma Conte è un uomo vero, Ventura no. Si è rivelato tale nell’esperienza con l’Italia: credo che abbia rovinato il clima della Nazionale”. Non risparmia giudizi, Daniele: “Parlo di un fattore umano: Conte aveva creato un esercito, da comandante, qui mi sembra che dietro il comandante non ci andasse nessuno. Avendo convissuto con Ventura, non ne sono sorpreso – spiega – e nelle difficoltà viene fuori la vera natura delle persone. Gli episodi che stanno venendo fuori ora lo confermano”. Destini incrociati, quelli con l’ormai ex Ct azzurro: “A Bari nella prima stagione in A abbiamo fatto qualcosa che è andato oltre ogni tipo di aspettativa. Ma lasciamelo dire, l’annata veramente indimenticabile per me è quella della promozione con Conte. Eravamo pronti a morire in campo per lui, si era creato qualcosa di veramente bello”. E poi? “Nel secondo anno sono andato via a Torino perché Ventura non mi voleva in rosa”. Nel 2011, un altro incrocio: “In quell’estate, Ventura venne a Torino. Ero pronto a siglare un biennale ma fu lui a chiedere di non farmi più firmare. La motivazione? Diceva di me che in B facevo la differenza, ma non era facile gestirmi nello spogliatoio. In parole povere, fa fatica a gestire i calciatori di personalità”.

280 presenze tra i professionisti, pochi gol (9) e tanti chilometri percorsi in mezzo al campo, De Vezze non ha dubbi quando deve scegliere il compagno di squadra più forte mai avuto: “Sono cresciuto nel settore giovanile della Roma e con loro ho esordito in serie A nella stagione 98/99 –ricorda – e le cose che ho visto fare a Francesco Totti non le ho viste fare più a nessuno. Fa passare la palla dove gli altri vedono un muro”. L’eco di calciatori di classe come Totti si affianca a considerazioni sull’attualità del calcio italiano: “Seguo poco le vicende della Federazione, ma a quanto sembra chi doveva mollare non ha mollato e quindi difficilmente cambierà qualcosa – osserva De Vezze – ho parlato poche ore fa con Damiano Tommasi, uno dei pochi d’esempio. Se però ci limitiamo solo tutti a dire che il pesce puzza dalla testa e gli organi non hanno la forza di cambiare i vertici del calcio italiano, allora è inutile lamentarsi”. Rifondare sembra la parola d’ordine: “Non sappiamo più formare i calciatori di una volta: i Nesta, Del Piero, Maldini, Gattuso, Totti, Vieri, dove stanno? Occorre essere onesti”.

L’attualità di De Vezze fa rima con United Sly. Nel futuro però il centrocampista si vede “da allenatore: ti posso garantire che in futuro ci penserò, ora però voglio vincere una sfida personale”. Senza dimenticare la scuola calcio che porta il suo nome: “Ci alleniamo a tarda sera, quindi continuo a fare esperienza allenando i più piccoli fino alla categoria Allievi. Mi è mancato tanto il campo”. Un occhio attento è anche al Bari: “Lo seguo e apprezzo molto Fabio Grosso. Ha idee e mi sembra che abbia creato un gran gruppo, che gioca anche bene. Vedo compattezza e dico la mia: se il Bari non torna in serie A quest’anno, non so quando ci tornerà. Credo sia l’anno buono”.

Luca Guerra

Nato un anno prima della caduta del Muro di Berlino, mi piace rompere gli schemi dell'informazione. Laureato in Scienze della Comunicazione, giornalista pubblicista, scrivo quando e in ogni modo possibile: il sedile di un treno o il banco di un fast-food sono ottime scrivanie alternative. Il giornalismo la passione di una vita, il calcio come stella polare di questa passione.

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