Dal documentario “Pafos, risvegliare la passione di un’isola”: la nostra intervista al difensore brasiliano
E se vi dicessimo che David Luiz avrebbe potuto giocare nel Napoli di Antonio Conte? “Quando eravamo al Chelsea io e lui litigavamo di continuo, ma entrambi volevamo la stessa cosa. Pensavo che lui fosse arrabbiato con me da molti anni. Ma poi abbiamo vinto la Premier League e la FA Cup. Prima di tornare in Europa mi voleva al Napoli. Ha detto che aveva bisogno di un giocatore come me, intenso e folle. Alla fine non sono andato perché non avevo il passaporto europeo”.
Per un’esperienza in Serie A quasi sfiorata, c’è un allenatore italiano che ha lasciato un segno indelebile nella sua carriera. “Il più speciale è stato Sarri”. Aneddoti e risate accompagnano il ricordo di una stagione al Chelsea terminata con la vittoria dell’Europa League. “Ho quasi iniziato a fumare per colpa sua (ride ndr.). Ogni giorno mi chiamava nel mio ufficio e mi diceva che avremmo dovuto parlare. Lui fumava una, due, tre sigarette, parlava e io dicevo: ‘Per favore, apri la finestra’. E lui: ‘Stai zitto, dobbiamo parlare di calcio’. Era un allenatore e una persona fantastica”.
L’istantanea più bella? La premiazione dopo la vittoria dell’Europa League: “Sarri ammirava la medaglia come un ragazzino, come un bambino. E io ero così felice per lui, anche più di tutti i titoli che ho vinto nella mia vita. Perché lui era arrivato da noi con grande passione e voleva cambiare tutto in un mese. Io ero uno di quelli che cercavano di calmarlo: ‘Stai un po’ tranquillo, qui è diverso da Napoli'”. E su Hazard: “Gli diceva di pressare, si arrabbiava e sbatteva i fogli per terra. Io andavo da lui per spiegargli che al Chelsea c’era un altro stile. Dopo i primi tre mesi si è aperto con noi. E noi con lui. La squadra è migliorata: abbiamo chiuso al terzo posto in Premier League e abbiamo vinto in Europa dominando la finale”.
Un’impronta forte e uno stile di gioco ben riconoscibile. Dopo una sola stagione, però, arriva l’addio che David Luiz non si sarebbe aspettato. “Ero molto triste, ma capisco che è difficile dire di no quando chiama la Juventus. Con quella squadra avremmo potuto stare insieme per molto e avremmo potuto costruire qualcosa di ancora più grande”.
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