Danilo, Flamengo (Imago)
Dall’addio alla Juventus all’arrivo al Flamengo e qualche rivelazione sul futuro: le parole di Danilo.
Danilo torna a parlare della sua esperienza alla Juventus in un’intervista ai microfoni di Ge.Globo. Tra i tanti temi trattati c’è anche l’addio in casa bianconera ma non solo.
“Molto probabilmente, il prossimo anno sarà il mio ultimo da atleta professionista. È un progetto che ho da molti anni, da portare avanti fino ai 35 anni, e per puro caso sono riuscito a realizzarlo al Flamengo. Addio al calcio? È terrificante (ride, ndr). Sono andato all’América-MG quando avevo 13 o 14 anni. Da quell’età fino a oggi ho giocato a calcio ogni giorno per almeno dieci mesi all’anno. È un po’ spaventoso, inizia una nuova vita. Non so cosa farò“, ha esordito parlando del futuro.
Ma torniamo al presente e alla sua esperienza in Brasile: “Se si ripensa alla mia infanzia e giovinezza al Flamengo, le cose sono cambiate molto nel calcio brasiliano. È molto più strutturato in generale, e il Flamengo non fa eccezione“.
E poi ricorda un grande ex compagno: “Un atleta che considero il mio idolo è Buffon. Quando sono arrivato alla Juventus, lui era già in una fase diversa, era andato al PSG ed era tornato, ma non ha smesso di essere se stesso. Era un grande maestro. Ti guardava come persona, come energia. Ogni volta che ho bisogno di una parola, di qualcosa sul calcio, e ho bisogno di ascoltare qualcuno, lo ascolto. Lo chiamo o mi manda un messaggio audio“.
Danilo torna indietro nel tempo e riapre il discorso sul suo addio in bianconero: “Per ovvie ragioni, da professionista ti affezioni ad altri mondi e ad altre maglie. Certamente, il club più importante della mia vita è la Juventus, non l’ho mai nascosto. Per tutto quello che ho vissuto lì, per il club, la città e la storia. Pensavo che la mia carriera fosse destinata a trascorrere i miei ultimi anni alla Juventus, e la vita è folle, le cose hanno preso una piega diversa“.
E infine ha concluso: “Sono sempre stato una specie di figura paterna per i ragazzi, per tutto il gruppo. Quando ho lasciato la Juventus, il modo in cui me ne sono andato è stato molto difficile. Ma stiamo parlando di persone, non dell’istituzione. Quando ho rivisto i miei compagni di squadra quando ero negli Stati Uniti con il Flamengo, sentivo ancora la pressione di essermene andato e tutto il resto, ma il mio cuore si è confortato. Mi ha detto che avevo fatto un buon lavoro“.
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