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Dalla tentazione Chelsea alla semifinale Champions, castigatore del Barca e bomber nella storia della Roma: Dzeko, che film

Vado o non vado? Il Natale di Edin Dzeko è stato più o meno questo. Giorni ad interrogarsi sul suo futuro, a pensarsi lontano da Roma. Il Chelsea, infatti, chiamava. Morata segna, ma c’è solo lui e Conte deve colmare il buco lasciato da Batshuayi. Anche Cina e Messico sono pronti a coprirlo d’oro, ma a Londra ci sono anche una Premier e una Champions da giocare. 50 milioni più 10 di bonus per portarlo in Inghilterra insieme ad Emerson Palmieri. Il brasiliano alla fine ci andrà davvero, Edin invece decide di rimanere. Dei soldi non gli importa. Vuole vincere a Roma, da protagonista. E a tre mesi circa da tutto questo beh, la scelta si può dire azzeccata. Lo dimostrano i 20 gol segnati nelle 41 partite giocate in questa stagione. Lo dimostra anche, e soprattutto, la magica notte di ieri, dove c’è la sua firma nel 3-0 rifilato al Barcellona. C’è il suo nome sulla qualificazione della Roma, perché alla fine il suo gol al Camp Nou è risultato decisivo: “Ora posso giocare la semifinale di Champions League e sono felice di essere rimasto – ha raccontato ieri dopo la gara – e penso che lo sia anche la società”. Dirà inoltre che il bello deve ancora venire, lui che è sempre stato abituato a guardare oltre. Solo così scappi dall’orrore della guerra, che Edin ha vissuto in prima persona. Sentiva le sirene e aveva paura. Andava nei rifugi senza sapere quanto ci sarebbe stato. Ogni mattina si svegliava in una Sarajevo desolata, dove condivideva 37 metri quadrati con altre 36 persone. Dove non aveva niente con cui fare colazione e dove salutava suo padre che andava al Fronte, senza la certezza di rivederlo. Ha capito che le sofferenza sono altre, per questo non si butta giù dopo un gol sbagliato. Non è successo nemmeno nel febbraio del 2016, quando sbaglia un gol praticamente già fatto. Con il Palermo la porta è vuota, lui è vicino ma calcia clamorosamente fuori. Il ritratto migliore di una stagione no per lui, iniziata con la telenovela che lo porterà via dal City e proseguita fra polemiche, insulti e prese in giro nella Capitale. Segna dieci reti in 39 presenze al suo primo anno. In molti sostengono che sia un flop, che gli undici milioni per il riscatto possono anche essere investiti in altro. Lui ripensa alla sua scelta, delle volte si pente. Poi si ricorda chi è, stacca la spina e va in vacanza, pronto a ricominciare. Sa come si fa, come reinventarsi. In Bosnia, a 20 anni, giocava ancora a centrocampo. Lo chiamavano “kloc”, che vuol dire lampione. Non certo un complimento, perché lo accusavano di essere piantato in mezzo al campo, senza muoversi e senza alcuna utilità. Quando lo Zeljeznicar lo cede al all’Ustí nad Labem per 50.000 euro, un dirigente dell’epoca disse addirittura di aver vinto alla lotteria. La storia, poi, la conosciamo. Quel ragazzone con Shevchenko nel cuore inizia a giocare punta e a segnare vagonate di gol. Come nel giugno del 2007, quando entra in un Bosnia-Turchia valevole per Euro 2008. A Sarajevo la sua Nazionale perde 2 a 1, lui segna allo scadere del primo tempo e la squadra vince 3 a 2. Come con il QPR, il 13 maggio del 2012, quando guida il City alla conquista di un titolo divenuto ad un tratto impossibile. 69 gol in 131 partite con la Roma. Tutto in tre stagioni scarse. Una media che lo consacra fra i migliori attaccanti della storia dei giallorossi. Davanti a lui le 307 reti dell’intoccabile Totti, poi Pruzzo, Amadeo Amadei, Rodolfo Volk e Pedro Manfredini a formare la Top Five dei cannonieri più prolifici di sempre. Campioni che a Roma ci sono stati per anni. Dai 25 del Capitano ai sei dell’attaccante argentino. Lui, intanto, ha vinto la classifica capocannonieri in A e in Europa League nello stesso anno, stabilendo il record assoluto di 39 gol stagionali. Mai nessuno come Edin. Numeri da capogiro, che lo hanno proiettato nel cuore del popolo giallorosso. A Roma è costretto ad uscire con il cappuccio e gli occhiali da sole, per non farsi riconoscere. Gli piace sentire l’amore dei tifosi, ma anche passeggiare in tranquillità insieme alla moglie e ai due bambini piccoli. Da ieri, forse, dovrà mettersi un maglione in più. Non per la temperatura, perché a Roma non fa più freddo. Ma perché è entrato nella storia, insieme ai suoi compagni. Martedì 10 aprile 2018. Un giorno come gli altri se avesse accettato il Chelsea. Una data resa memorabile grazie anche, e soprattutto, ai suoi gol.


Simone Golia

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