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Dalla Juventus al Monopoli, Paolucci è rinato: “Qui la giusta tranquillità per fare bene”

“Il gol mi mancava, è il secondo in stagione dopo quello all’esordio in Coppa Italia. Rientrare e avere subito un impatto positivo non era semplice. Le cose sono andate come desideravo e mi fa piacere. Se poi il gol fosse valso i tre punti, sarebbe stato ancora meglio”. Firma di Michele Paolucci, 31 anni e un passato da giramondo: domenica scorsa, al Veneziani contro il Siracusa, l’ex attaccante tra le altre di Siena e Juventus, ha messo a segno la prima rete nel girone C di serie C. Un centro che ha spazzato i guai muscolari che ne avevano condizionato l’avvio di stagione. E premiato la fiducia che mister Massimiliano Tangorra (“Il rapporto con l’allenatore è stato importante per dare il via a questa avventura”) che in estate lo aveva fortemente cercato.

La classifica vede i biancoverdi al terzo posto, ma l’obiettivo resta la salvezza: un mantra che a Monopoli ripetono spesso e volentieri. Paolucci non alza l’asticella, ma non nasconde l’ambizione: “Tutti ce l’abbiamo dentro, soprattutto sappiamo che stiamo facendo le cose per bene –racconta a gianlucadimarzio.com Paolucci- Parlare di obiettivi a lungo termine, però, è controproducente”. Parole dettate dall’esperienza, quella di chi ha indossato le casacche di Ascoli, Udinese, Catania, Siena, Palermo, Vicenza, Latina e che in carriera circa 100 presenze nel campionato di serie A e oltre 100 in serie B. Con l’ambiente è stato amore a prima vista: “Monopoli è una città veramente ridente, si respira un’aria pulita, sana: dopo l’ultima pessima esperienza di Ancona, dove ho avuto a che fare con dei banditi nell’ultima parte della scorsa stagione, cercavo un ambiente nuovo, per ritrovare entusiasmo. Il mondo del calcio è cambiato rispetto a 15 anni fa: ora ogni società è un’azienda e spesso si deve guardare anche alle prospettive offerte da ogni possibilità”.

Il cassetto dei ricordi si apre: gli esordi nel settore giovanile della Juventus, le 6 reti a 20 anni in A con l’Ascoli, fino ai tempi recenti in Romania con il Petrolul Ploiești. Il ritorno dalla Vecchia Signora, con l’esordio in prima squadra nel gennaio 2010. Quattro presenze, ma custodite con orgoglio da Paolucci: “Quella per me è stata una possibilità incredibile: non mi pento certo di quella scelta, era un treno da prendere e dovevo provarci. Era una società diversa e non rimpiango niente. Ho avuto la fortuna di avere a che fare con professionisti fantastici”. Tre nomi su tutti, senza tentennamenti: “Del Piero, un grandissimo, Baiocco, che ho incontrato nuovamente a 37 anni, Vergassola e Chiellini. Per me sono degli esempi, calciatori che nonostante avessero raggiunto delle grandi soddisfazioni a livello di carriera, avevano sempre la stessa voglia di migliorarsi. Una caratteristica che stento a ritrovare nei ragazzi di oggi”. Altro calcio, anche negli interpreti: “Dopo tre partite alcuni ragazzi si sentono arrivati, è cambiato molto. Non vedono l’ora, a fine allenamento, di prendere il telefono e vedere Instagram: si è un po’ perso il modo corretto di fare questo mestiere. D’altra parte mi fa piacere: se i giovani di oggi sono così –sorride- posso andare avanti per altri 10 anni”.

Fascia di capitano al braccio, “ma cerco di dare l’esempio con i fatti e non con le parole. Quando finisci un allenamento dopo gli altri e ti svegli con il sorriso perché devi allenarti, non può che essere così. I ragazzi devono capire che oggi hanno più possibilità di emergere, ma al tempo stesso a 32/33 anni molti poi devono rimboccarsi le maniche e andare a lavorare. E francamente la maggior parte dei calciatori o gioca o difficilmente si inserisce nel mondo del lavoro”. Parole dal tono quasi paterno, che suonano quasi strane se pronunciate da un 31enne: “I treni passano una volta sola, i ragazzi lo capiscano”.

Obiettivi a lungo termine: un divieto a livello personale, che diventa spiraglio sul presente se si guarda al Monopoli. “Sarò contento se alla fine della stagione non avremo rimpianti: inizio a intravedere qualcosa di bello per la squadra, ma lo tengo per me”. Ne ha viste tante, troppe per esporsi oltre il limite: ma, sottolinea Paolucci, “Io dentro mi sento un ragazzino: questo sport mi offre delle emozioni incredibili”. E dopo che avrà appeso le scarpette al chiodo? “Don Pietro (Lo Monaco, ndr) –scherza Paolucci- ha detto che un posto me lo tiene, perché sa quanto sono legato alla realtà di Catania. Se quel posto ci sarà ancora, sarò pronto. Ora però penso solo al campo, ho ancora troppa voglia di divertirmi. Un futuro da allenatore? No, dopo una vita di ritiri e sacrifici non vorrei essere assoggettato a dei presidenti o star dietro a un gruppo di 30 calciatori. Potrei fare altro, magari a livello dirigenziale. Ma pensiamoci dopo: la vita è adesso”. Intanto si diletta da dj: “Al Veneziani a volte la musica prepartita è un po’ lenta, forse per far addormentare gli avversari –sorride-mi piacerebbe sentire gli Oasis o i Linkin Park”. Da attaccante a assist-man: Michele Paolucci si sdoppia per Monopoli. E per far volare il Gabbiano.

Luca Guerra

Nato un anno prima della caduta del Muro di Berlino, mi piace rompere gli schemi dell'informazione. Laureato in Scienze della Comunicazione, giornalista pubblicista, scrivo quando e in ogni modo possibile: il sedile di un treno o il banco di un fast-food sono ottime scrivanie alternative. Il giornalismo la passione di una vita, il calcio come stella polare di questa passione.

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