Poco meno di due anni fa il calcio, a Venezia, non c’era più. Zero palloni, zero luce negli spogliatoi perché a zero (o meglio, sotto…) era il conto in banca della società. “I russi non pagavano”. Semplice ma difficile da accettare per chi ha sempre lavorato con serietà, giorno e notte: l’allora presidente Korablin ‘si fece vedere per l’ultima volta a Natale’. Poco meno di due anni fa il calcio, a Venezia, era fallito. Giocatori a casa, svincolati e senza una squadra; addetti ai lavori – dal direttore generale all’addetto stampa – a casa, senza più un lavoro e con famiglie da mantenere.
Due anni fa Francesco Cernuto, che di mestiere fa il difensore centrale, si è trovato in in quella condizione. “Un incubo” russo. “Tornai a casa, al mare, in attesa di una chiamata da cui ripartire”. Che arrivò sempre da Venezia: ma dall’altra parte della cornetta nessuno russo, solo l’accento un po’ siciliano e un po’ bresciano di Giorgio Perinetti. “Ripartiamo dalla D?”. Dilettanti. Scommessa o provocazione? “Inizialmente non sapevo nemmeno ci fosse Tacopina dietro quel nuovo progetto. Mi sono solo fidato delle parole del direttore che è riuscito a mandare 25 ragazzi in ritiro senza nemmeno una firma sul contratto, perché i moduli per i tesseramenti non erano ancora pronti. Però ci siamo detti ‘se Perinetti riparte dalla D perché non dobbiamo farlo anche noi?’ e ti dico che se mi avesse chiamato un altro direttore non penso avrei mai accettato”.
Oggi – due anni dopo – Francesco Cernuto non fa solo il difensore centrale del Venezia ma ne è anche diventato giocatore bandiera: “Sono qui da quattro anni ormai!”. E in volto gli splende un sorriso a trentadue denti che trasmette gioia. Felicità. Soddisfazione. “Ho realizzato un sogno. Siamo in Serie B. Il Venezia è in Serie B. Ho scommesso su me stesso, mi sono fidato di Perinetti. Ci speravo ma non ci credevo fino in fondo. Sai… ci sono squadre che tentano di salire in B ma non ci riescono, dopo anni e anni. Noi ce l’abbiamo fatta al primo colpo”. Dalla D alla B in 24 mesi. Dal fallimento russo al trionfo americano firmato Joe Tacopina, un presidente presente che ‘ne fa una questione di passione’. Un tipo anche bello in forma fisicamente, e Cernuto conferma: “Fisicamente è un animale! Potrebbe benissimo giocare con noi, atleticamente è prontissimo e se avesse potuto contro il Fano dieci minutini li avrebbe anche fatti…”. Ma i segreti di questa storica promozione che a Venezia mancava da 12 anni sono altri. “Il nostro direttore ha scelto persone. Non uomini o giocatori. Persone che hanno formato un gruppo fantastico. Inzaghi? Ci ha gestito divinamente. Pensa che abbiamo giocato tutti almeno un minuto, tranne il terzo portiere che comunque ha contribuito a realizzare questa cavalcata. Poi lo staff, da Serie A”. Già perché il Venezia, quest’anno, ha vinto tantissime partite nei minuti finali di gara. “Non è fortuna, credimi. Abbiamo sempre e solo corso più dell’avversario. Ci abbiamo creduto di più, con cuore e determinazione. Merito del nostro allenatore e della sua mentalità”. Allenamenti tecnologici con il gps, alimentazione ferrea e… sedute d’allenamento assai variabili. “Il mister ha sempre cambiato mille volte l’orario della seduta, anche a poche ore dall’inizio. E mille altre lo farà. Non riusciamo nemmeno a organizzare un appuntamento dal parrucchiere! Ma per vincere… questo e altro”. E anche di più. Detto da uno che da piccolino si faceva quotidianamente un’ora e mezza di traghetto (Sicilia-Reggio) pur di allenarsi. Questione di sacrifici, questione di cuore. Che oggi a Venezia Batte forte forte, sopratutto per il calcio.
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