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​Dai social all’approccio con i più giovani: cosa vuol dire essere agente nel 2018?

La parola agente, o procuratore, oggi viene associata a diversi sentimenti. Positivi pochi, negativi parecchi. Ma, realmente, è davvero così facile essere o diventare un agente FIFA? È tutto solamente rose e fiori? La sensazione è che per diventarlo basti davvero poco. Soldi (non tanti) e conoscenze. Non per tutti. Eh già, perché di Mino Raiola e Jorge Mendes ce ne sono pochi, mentre altri devono inventarsi un mestiere partendo dal basso, dai giovani, dalle partite di periferia. Come Giacomo Evangelisti, della Football Time Agency, che oggi ci racconta cosa vuol dire essere un agente nel 2018: “Stiamo vivendo una fase di transizione. Dopo la “deregulation” di Blatter adesso si sta tornando al vecchio sistema”. In altre parole, dopo che l’ex presidente ha tolto la figura dell’agente FIFA ci si è trovati in una situazione in cui chiunque di fatto poteva gestire le procure e gli interessi dei giocatori. Adesso però si vuole tornare indietro, cercando una regolamentazione che possa accontentare tutte le parti.

“Prima bastava versare un contributo annuale in federazione che poi veniva rinnovato anno dopo anno. Adesso verrà riammesso l’esame da agente FIFA, al quale sono favorevole. Per guidare ci vuole la patente, no?”. Eh già, peccato che le tempistiche non siano molto chiare. Infatti, Evangelisti come tanti altri non ha ancora potuto sostenere l’esame da agente ma ha già procure firmate a nome suo: “Io sono fortunato perché nella mia agenzia ci sono due agenti FIFA, quindi siamo coperti, ma altri non lo sono.”

Ed è dai giovani che un ragazzo come Giacomo Evangelisti è partito per fare questo mestiere. Tanto calcio, tanti campi di periferia, weekend dopo weekend: “Vado a vedere tante partite dal vivo, almeno cinque per fine settimana. Lavoro tanto nei settori giovanili di Lazio, Roma e Frosinone. Quando un ragazzo ha meno di diciotto anni, parlo prima con la famiglia, altrimenti si rischia di esaltare questi ragazzini. Avere un procuratore non vuol dire essere un giocatore. Quando non riesco a rimediare il numero del padre o della madre, li contatto via social, si trovano tutti lì tra Instagram e Facebook. Oggi i social sono utili per capire come ragionano nella quotidianità calciatori, allenatori, dirigenti e pure nostri colleghi. Questo ci permette di fare una selezione sempre più accurata dei nostri interlocutori. In particolare Facebook ci aiuta tantissimo al giorno d’oggi. Il rapporto con i genitori? A volte è complicato, sopratutto quando pensano di avere in casa il prossimo Maradona…”

“Le scelte condivise dai giocatori con gli agenti spesso sono sbagliate, e non si pensa al futuro, sopratutto per i ragazzi. Ci sono troppi giocatori in tutte le categorie, e molti agenti pensano più al contratto che ad altro. Si guarda più alle ambizioni che alla realtà, giocatori che dovrebbero stare in Serie B sono titolari in Serie A, e così via per tutte le categorie”. Così ragionano Evangelisti e tutta la Football Time Agency con sede a Roma, all’Eur: “Il nostro slogan è: You Play We Plan. Vogliamo affiancare le famiglie nelle scelte, indirizzare dei ragazzi che a volte pensano troppo in grande”. La FTA è nata due anni fa, con Evangelisti e Paolo Pompei prima e con Alessandro Marino adesso. L’obiettivo è quello di imitare il modello americano, un’agenzia a 360 gradi: “Ambiente familiare, tutti si devono conoscere. Il giocatore è dell’agenzia, non di un singolo. Abbiamo creato una rete dei servizi. Centri medici, nutrizionisti, mental coach, preparatori, negozi, ristoranti… tutto. Una vera e propria assistenza al giocatore per ogni cosa. Anche servizi finanziari, un domani questi ragazzi potrebbero guadagnare tanto e devono sapere come gestire il tutto”.

E gli sponsor per i giocatori? “Stanno diminuendo, alcuni si sono resi conto che a volte è un rischio troppo grande e alcuni procuratori si vogliono sostituire. Noi portiamo sponsor se i marchi sono favorevoli, ma non compriamo gli scarpini. Lo troviamo diseducativo, nella vita le cose vanno guadagnate e meritate”.

Francesco Porzio

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